FAR NASCERE LA PACE NEL RICORDO DEL GIOVANE ROBERTO
EDITORIALE di Mario Barbarisi
Si sono spente le luci, dopo la rissa con accoltellamento avvenuta il primo giorno dell’anno, costata la vita al 20enne di Mercogliano (paese in provincia di Avellino) e dopo il lungo calvario con in ospedale, tutta la comunità ha sentito il bisogno di stringersi e pregare nel ricordo di Roberto. La corsa di medici ed infermieri, nel tentativo di mantenere in vita il giovane si è rivelata, purtroppo, inutile. La presenza delle tante, troppe, autorità al funerale ha provocato diverse e contrastanti reazioni. Se da un lato c’è chi ha apprezzato la presenza sulla scena di numerosi Sindaci, c’è anche chi ha visto alcune presenze come ingombranti, al pari di frasi di circostanza che a nulla servono per consolare una madre ed un padre da un dolore straziante. Una famiglia sana e stimata si è ritrovata colpita all’improvviso, privata di un affetto per un gesto folle e criminale. L’autore del delitto giace in carcere, chissà se egli ha compreso la gravità del gesto compiuto nella notte che sarebbe dovuta essere la più bella e festosa dell’anno. Chi ha armato la mano omicida? È questa la domanda da porsi. La risposta è che la società è irremediabilmente responsabile di questa e di tante altre atrocità. Dove non c’è cultura della pace e del rispetto verso il prossimo si verificano episodi di violenza. La vicenda di Roberto segue altri fatti di cronaca verificatisi in Irpinia, a testimoniare, tra l’altro, un insufficiente controllo del territorio,nello specifico, in un area strategica come l’uscita del casello autostradale, Avellino Ovest, in uno snodo dove convergono più Comuni, tra cui il capoluogo irpino. In tutto, come numero di abitanti, non si supera un quartiere di una città come Roma o Napoli. Girare armati per strada non è sconsigliato, ma è tassativamente vietato! Spente le luci si torna “alla normalità”, fatta di vuoti educativi e di una cultura della violenza che genera solo odio ed altra violenza. Quanto è facile giudicare, specie se non si è coinvolti, si è sempre portati a credere che certe cose accadano solo agli altri, e che le responsabilità non siano mai le nostre. Dimentichiamo in fretta che quando alziamo il dito indicando il colpevole, individuandolo nella società, dovremmo semplicemente chinare il capo riconoscendo che nella società ci siamo anche noi: se Roberto non è più con noi, se una persona ha impugnato un’arma per offendere fino ad uccidere, siamo tutti, seppur in maniera differente, responsabili. Il peggio rischia di venire ora che spente le luci, i riflettori mediatici, si torna punto e a capo, senza fare ammenda di quanto è sotto i nostri occhi. Qualcuno dica ai giovani di oggi che il mondo ha fatto progressi grazie all’intelligenza, messa al servizio della pace e del bene comune, mentre ogni forma di violenza ha riportato il genere umano da dove era venuto, nelle caverne e negli abissi della Terra.