DIOCESI DI AVELLINO – “IL FALLIMENTO”. LE DIMISSIONI DEL VESCOVO ARTURO
Editoriale di Mario Barbarisi
Avellino c’è l’ha fatta, è tornata sulle prime pagine di quotidiani e notiziari nazionali, dopo decenni di buio pesto. Ma stavolta non c’entra la Politica, né il calcio e il basket che contano, quello della serie A; gli “onori” della cronaca sono tutti per un unico fatto, triste per l’epilogo, la morte di un bravo e stimato cittadino, padre di famiglia, una tragedia: una figlia, che secondo le prime ricostruzioni sembrerebbe coinvolta con il fidanzato, un delitto efferato senza alcuna prospettiva, studiato nei dettagli che per fortuna non sembrerebbero riusciti del tutto a concretizzarsi, altrimenti oggi si sarebbe potuto parlare di strage, in programma (forse) vi potevano essere anche altre vittime:la madre e la sorella della ragazza. Dei dettagli di cronaca non ce ne occuperemo, lo hanno già fatto in maniera esauriente i media locali e nazionali, tratteremo, invece, del vescovo Arturo Aiello, al quarto anno in città, eppure, a valutare le sue stesse parole scritte per la ferale occasione, un estraneo. Aiello appare, ai nostri occhi, come fosse uno sconosciuto, uno straniero che non è riuscito a vivere e comprendere la comunità. Lo ha ammesso Lui stesso, scrivendo una lettera per commentare il fatto di sangue :”non mi dimetto stasera”! Verrebbe da dire, citando Primo Levi:se non ora, quando? Si è dimesso un Pontefice, Benedetto XVI, perché mai una comunità sconvolta dovrebbe stupirsi se il Vescovo che parla alla Radio, dovesse decidere di fare un passo indietro? Risulta difficile comprendere perché un Vescovo lanci un messaggio simile, lasciando intendere di potersi dimettere, probabilmente è voglia di essere protagonista, ma qui, almeno stavolta di spazio non ce n’è! Le vere piante, i fiori di cui prendersi cura sono le persone, senza fare distinzioni. Questa città, questa Diocesi, avevano ed hanno bisogno di prendere colore con i fiori e le aiuole, ma ancor più con le buone azioni, con l’umanità che scalda i cuori, con il sorriso che accorcia le distanze ed annulla le differenze. La “puzza” delle pecore del gregge, di cui parla Papa Francesco, è scomoda per chiunque, fa eccezione il Buon Pastore, che a dimettersi non ci pensa affatto perché ha tempo solo per il suo amato gregge. Il presunto fallimento del Vescovo Arturo, che si scorge probabilmente tra le righe, non ha evidentemente nulla a che vedere con il recente fatto di cronaca, tra l’altro quasi in contemporanea un episodio simile si è verificato a Reggio Emilia (Marco Eletti), e ancor prima a Bolzano ( gennaio 2021 caso Benno Neumair) altri ancora sono presenti negli annali di cronaca, ovunque, in tutto il mondo, purtroppo. Il presunto fallimento di Arturo, vescovo, di cui Egli stesso parla accennando alle dimissioni, ha origine, a nostro avviso, poco dopo l’insediamento in Diocesi quando, incomprensibilmente, disse pubblicamente che la città aveva bisogno di Viagra. Una frase che fece il giro dei Media e dei fedeli, rimasti sorpresi e alquanto perplessi. Poco tempo dopo fu la volta di una pagina molto brutta:la diffusione di un volantino “anonimo” con tanto di foto di sacerdoti, con l’indicazione di presunti “vizi e vezzi”. Prima si ricorse ad una denuncia per accertare le responsabilità e risalire agli autori, quando si scoprì che era stato proprio un sacerdote a curarne (forse non da solo!?), stesura e diffusione ci si adoperò per far calare il silenzio, “limitandosi” ad allontanare il prete, presunto calunniatore. Ma non finisce qui, perché poco dopo spuntò un audio, la registrazione di un vocale dello stesso Vescovo Aiello durante una riunione di soli sacerdoti. Ci sarebbe dell’altro da aggiungere, ma crediamo possa bastare quanto già scritto per far emergere che si può essere presenti in una realtà ed essere assenti allo stesso tempo, cosa volete che conti l’eventualità di dimissioni da un incarico? Se il vero Buon Pastore, a suo tempo, fosse stato così distante dal gregge oggi non avremmo conosciuto e scoperto il senso salvifico della croce. Monsignor Aiello ha compiuto un’analisi che non si può condividere, che la città non può accettare di buon grado, parole dure e non rispondenti al contesto, quando riferendosi ai giovani scrive: “… non sanno cosa siano le regole, non riescono a pensare una festa o un sabato sera senza sballo, frequentano sul web corsi di suicidio o per perdere peso fino a non sentire più fame, hanno le idee molto confuse sul limite tra diritti e doveri, tra il bene e il male, tra l’immaginario e la realtà, tra lo schermo del pc e la vita vera, tra il sangue finto dei film e quello vero“. Questa comunità è composta da gente sana, se una rondine non fa primavera un singolo episodio di cronaca, per quanto brutto, non può macchiare l’intera città, se c’è una emergenza educativa le ragioni vanno ricercate ovunque e le responsabilità equamente condivise e, soprattutto, nella giusta proporzione. I danni e le conseguenze dell’emergenza educativa non sfociano solo nei delitti familiari, nelle risse in strada,… ma in tanti altri fatti che bisognerebbe avere il coraggio di conoscere ed affrontare. Le dimissioni, come quelle diventate famose di Benedetto XVI non sono un atto di viltà ma un atto di coraggio, e a tal riguardo non risulta siano pervenuti né preavvisi né annunci. Per tornare alla vicenda di cronaca l’identità della comunità Irpina è da ricercare più nell’atteggiamento misericordioso di una madre coraggiosa che nell’efferatezza del delitto. Infine, quella che il Vescovo chiama “golosità”, riferendosi ai giornalisti assiepati al Corso Vittorio Emanuele, è solo desiderio di raccontare, di fare bene il proprio lavoro,senza nascondere stupore ed incredulità. Spesso è proprio dai silenzi, dalle verità nascoste che vengono fuori “le brutte sorprese”, c’è bisogno di maggior impegno e condivisione, di fare di più e meglio, tenendosi lontano da vetrine ed inutili passerelle; quella di lasciare, di rassegnare le dimissioni, è solo una valida alternativa.
Mario Barbarisi
“EDUCARE È SEMPRE UN ATTO DI SPERANZA”
“Siamo consapevoli che un cammino di vita ha bisogno di una speranza fondata sulla solidarietà, e che ogni cambiamento richiede un percorso educativo, per costruire nuovi paradigmi capaci di rispondere alle sfide e alle emergenze del mondo contemporaneo, di capire e di trovare le soluzioni alle esigenze di ogni generazione e di far fiorire l’umanità di oggi e di domani”.
PAPA FRANCESCO