ALEXANDER LANGER, IERI, OGGI… E DOMANI

A cura di Luisella Meozzi

COSA RESTA DOPO IL CONVEGNO.

ALEXANDER LANGER È FINALMENTE ATTUA(BI)LE?

Per una riflessione e un giornalismo profondi, lenti, partecipati.

Con il titolo “Più lento, più profondo, più lieve. Il ‘buen vivir’ secondo Alex Langer. Convegno dedicato al più grande ambientalista italiano del Novecento” si è conclusa, venerdì sera, al Teatro della Compagnia di Firenze, la giornata di studi che Greenaccord ha organizzato per ricordare l’immenso lavoro progressista del politico-pacifista e ambientalista altoatesino.

Il convegno su Alex Langer aperto a tutti ma dedicato – in collaborazione con la regione Toscana e l’Ordine dei Giornalisti – alla formazione dei colleghi, essendo Greenaccord ente terzo formatore. Per questo il convegno è tecnico, anche tecnico, e va a toccare gli argomenti con professionalità promuovendo il necessario spirito di confronto tra gli esperti. In fondo, questo è sempre stato il metodo di lavoro di Greenaccord, che da venti anni si occupa di formazione dei giornalisti ambientali di qualsiasi provenienza internazionale.

All’indomani di un convegno di alto profilo e profonde discussioni e confronti, di cui venerdì Il Pontenews ha già dato notizia e approfondimento, resta da chiedersi cosa si possa fare perché la sensibilizzazione sociale non si perda in chiacchiere.

Ecco, la riflessione del Pontenews inizia qui, domandandosi se è possibile riuscire a ridurre in poche righe otto ore serrate di informazioni, tesi, dialoghi che spaziano dal passato alla più cocente attualità, che creano dibattito cercando nella storia recente una visione delle soluzioni… Incredibilmente  adattabile alla contemporaneità.

Finito il convegno, ricordato Langer, magnificato il suo ruolo di anticipatore geniale dell’ecologia integrale, resta qua e là qualche notizia già vecchia dell’evento passato. Appena passato. 

Siamo nell’epoca contraddistinta dagli eventi, tutto si trasforma in azioni effimere e considerazioni passeggere, il giornalismo ha perso ogni pulsione. È stato Uwe Staffler, già assistente parlamentare di Alexander Langer e del suo successore Gianni Tamino, a volerlo ricordare: non ci sono spazi per il giornalismo di approfondimento, di inchiesta. Si dovrebbe poi aggiungere che non ci sono neanche possibilità lavorative, per chi vuole fare questo percorso.

Stupisce in effetti, proprio parlando con alcuni giovani partecipanti al convegno, quanto ormai la mancanza di informazione plurale possa plasmare le coscienze e convincere che ci sia in giro la massima libertà di pensiero, di espressione e di stampa. È bizzarro, in effetti, constatare quanto tutto diventi relativo e quindi pericolosamente sinistro nella perdita (presupposta) volontaria di dati e nozioni storiche, e anche nell’incapacità di analisi che ne deriva.

Ultimamente, qualche scuola di pensiero sta spostando l’attenzione verso un giornalismo che possa fondare un modello di notiziabilità diversa, legata a una possibilità di approfondimento lenta e ponderata, senza paure. Non è giusto che la stampa non possa spingere per il recupero del senso critico, del confronto, della capacità di analisi. In fondo, sono recentemente scomparse dalla società civile. Perché aspettare, allora?

Se un convegno offre la possibilità di recuperare un pensiero, una filosofia, un lavoro così validi nella lettura del modello ecologico attuale, validi e incredibilmente anticipati trenta, addirittura quaranta anni fa, perché non servirsene oggi ripercorrendo a ritroso una strada abbandonata qualche bivio orsono? Magari, era quella giusta, quella giusta per perdersi e ritrovarsi nel bosco, la dimensione profundius ac soavius indicata da Langer per la riconversione ecologica.

“Umwelt, mitwelt, nachwelt”, ricorda Staffler, “sono le tre parole che definiscono l’ambientalismo di Alex, lontano dalle sfere del politicante”. Umwelt, ambiente, mitwelt, riferito all’integrazione sociale e culturale dell’individuo, nachwelt, le future generazioni: servivano tutti questi termini, a Langer, per dare un senso alla costruzione del mondo.

Secondo Staffler, bisogna tornare a leggere Alexander Langer, e parlarne. Potrebbe essere arrivato il momento, oggi, per applicare quel modello che gli è costato la vita.

Sulla Stampa del 6 luglio 1995, Guido Ceronetti – altro intellettuale italiano scomparso in anni recenti – scriveva di Langer: “Un Verde atipico, Langer; non ne aveva i limiti ideologici, così come non aveva il limite ossessivo della sua ‘piccola patria’ tedesca: si era incatenato al mondo, alle sue cause più sanguinanti e disperate, a questa pena senza limiti del mondo che ha finito per strangolarlo”. Ed è sempre lui, Ceronetti, che Sulla Stampa dell’1 settembre 1995, scrive: “Un amico mi ha ricordato che avevo, tempo fa, detto a Langer di invidiarlo perché aveva la forza di non arrendersi. Invece si è arreso: la voce di Arimane gli ha suggerito che era meglio per lui appendersi a quel ramo, invece di continuare la sua navetta tra Bosnia e Strasburgo”. 

Lo ricorda, questo articolo di Ceronetti, anche Grazia Francescato (In viaggio con l’Arcangelo, Idea Libri, Città di castello, 2000, pag.108), che con Langer ha condiviso un bel pezzo di strada: “Era la mente umana l’ecosistema più a rischio, riflettevo amaramente in quell’estate avvelenata. L’inquinamento della nostra psiche pareva ancor più rapido e inquietante di quello che piagava il nostro infetto pianeta. Forse Alex, prima di tutti noi, aveva intuito quella desolante verità: la deludente – sempre deludente nonostante tutti gli sforzi della Storia – qualità umana dell’Uomo. Doveva averlo colpito come una sferzata, nel mezzo delle tragedie cosmiche in cui era vissuto in quegli ultimi anni, dai Balcani al Medio Oriente. ‘Ovunque’ mi aveva scritto in una delle sue cartoline ‘Ovunque sento abbaiare il cane di Hitler’”. Poche pagine prima, (pagg. 96, 97) la Francescato giornalista scrive: “La comunicazione della nostra epoca ha perso per strada la capacità di trasmettere saggezza e conoscenza, i saperi utili alla vita che nei secoli precedenti venivano invece passati di generazione in generazione. Perché? Perché è tanta, veloce, solo visiva, globale e negativa. Tanta, anzi troppa: […] un carico eccessivo di notizie irrilevanti e/o inattendibili che finisce con il trasformare gli utenti in lavandini ingorgati. Veloce, troppo veloce: un tempo le notizie […] c’era tempo di gustarle, digerirle, rifletterci sopra; oggi ci colpiscono in tempo reale, ci stanno già addosso mentre succedono, non c’è modo di elaborarle né di trattenerle, scivolano via nell’oblio a ritmo frenetico, già obsolete appena nate”.

Questa Testata giornalistica, Il Pontenews, con i suoi lettori, con quelli che verranno, vuole provare a ribaltare questa necessità di correre senza meta. Possiamo provarci, insieme. Per una settimana proviamo ad affrontare, con la dovuta lentezza e profondità, ma lievemente, i temi che il convegno ci ha ispirato. A domani. 

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