IL PAPA RICHIAMA I VESCOVI, “SERVI E NON PADRONI”.
EDITORIALE di Mario Barbarisi
Papa Francesco non usa mezzi termini per sottolineare la difficile crisi che attraversa la Chiesa. L’ultimo richiamo, in ordine di tempo, vede al centro i Vescovi, ai quali il pontefice si rivolge dicendo: “Siamo chiamati ad essere servitori e non padroni”. È un richiamo molto duro, ma non nuovo, non è la prima volta, infatti, che il Papa si rivolge con tono sferzante proprio nei confronti dei Pastori che guidano (o dovrebbero guidare), le diocesi. Francesco il 17 gennaio del 2018,durante il viaggio in Cile, aveva già detto, riferendosi sempre ai vescovi: “ricordate che siamo servitori e non padroni”. In tanti si chiederanno, magari all’interno dello stesso mondo ecclesiale, perché il Papa compie un viaggio interno alla gerarchia lanciando severi moniti. La risposta si trova nella quotidianità, negli scandali che hanno inferto duri colpi al sistema, specie nell’ultimo decennio, tra abusi sessuali, manovre economiche e finanziarie, passando per le dimissioni di Benedetto XVI, oggi la Chiesa è costretta ad interrogarsi sul presente per poter guardare al futuro. Papa Francesco si sente “assediato”, sono parole sue, pronunciate sull’aereo, e raccolte dai gesuiti presenti, nel viaggio di ritorno dall’Africa; Egli ha chiesto: “pregate per me, sono assediato”. Bergoglio ha ben compreso la necessità storica:recuperare il ruolo dei Pastori nei territori, guidando il gregge, come nella migliore tradizione che richiama il cammino degli Apostoli. Non c’è bisogno di guardare lontano per comprendere la sofferenza e la ragione del Papa: i Vescovi hanno confuso l’autonomia con l’anarchia! Non vale per tutti, ma i casi di Vescovi che gestiscono le rispettive diocesi come un “affare proprio” si sono moltiplicati: chiusi in residenze principesche, ricevono solo su appuntamento indossando camice con polsini chiusi da gemelli d’oro, privilegiano il contatto con autorità e istituzioni tralasciando l’esercito dei fedeli che pur dovrebbero rappresentare. Tutto si potrà dire un giorno, eccetto che Papa Francesco sia un visionario, che abbia visto male la Chiesa che lo circonda. Del resto, il brusco calo avuto, negli ultimi 5anni, dalla cassaforte dell’8×1000 alla Chiesa cattolica dovrebbe costituire un campanello d’allarme: i fedeli seguono il Papa, Pastore dei pastori! Se la Chiesa dei Vescovi saprà far tesoro di questi richiami paterni allora sarà possibile, come una catarsi, ripartire di slancio riscoprendo il ruolo missionario e di evangelizzazione della Chiesa, altrimenti il declino porterà lentamente ad accrescere lo stato di crisi. Giusto un mese fa, durante una delle sue omelie, il Papa, rivolgendosi “ai Vescovi e ai sacerdoti con poca fede” aveva tuonato dicendo: “Tutti dottori nella mancanza di speranza”.Gira troppo danaro nelle diocesi e nelle Associazioni,salvo poi scoprire che, con le dovute eccezioni che esistono ed onorano la Fede nella carità, la destinazione d’uso delle offerte prende strade diverse! La ricetta c’è, ed è molto semplice, è nel Vangelo:meno danaro, “sterco del Diavolo” e più preghiere. Sempre papa Francesco di recente, durante la messa a Santa Marta, ha affermato che “la preghiera fa miracoli, ma spesso i primi a non crederlo sono vescovi e preti”. Quando le cose non vanno bene non serve nascondersi, bisogna fare ammenda e ripartire col capo chino. Serve umiltà per ri-animare la Fede e la speranza. La verità fa male, ma ci rende liberi (Et veritas liberabit Vos -Giovanni 8,32-).
A cura di Mario Barbarisi
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