ALTO CALORE SERVIZI. L’ASSEMBLEA DEI SINDACI-SOCI PRENDE TEMPO E RINVIA OGNI DECISIONE AL 2019

1938-2018-ALTO CALORE SERVIZI -80 ANNI Di STORIA BUTTATI,  O È PRONTO IL RILANCIO  DELLA STORICA AZIENDA ?

IL DOPO ASSEMBLEA, IN ATTESA DEL PROCESSO PENALE, DELLA DECISIONE DELLA CORTE DEI CONTI E DELLA NUOVA LEGGE NAZIONALE.

Quello che segue non è il resoconto di una delle tante Assemblee  dell’azienda Alto Calore, ma una riflessione, tra passato e futuro, e di una decisione assunta dai Sindaci-soci, che apre a nuovi possibili scenari. Era da molto tempo che non si vedeva una sala così tanto affollata, ieri sera (21 dicembre) in Corso Europa, al civico 41, c’erano amministratori, dipendenti, rappresentanti dei Comitati per l’acqua Bene Comune, Sindacati (la CGIL in prima linea), una folta delegazione del Partito della Rifondazione, (accompagnati dal Segretario provinciale Tony Della Pia), esponenti di LEGAMBIENTE, era presente anche la Chiesa irpina , rappresentata da Don Vitaliano Della Sala, promotore del Comitato LAUDATO SÌ ed inviato dal Vescovo di Avellino, Arturo Aiello, per ribadire che l’acqua è di tutti, un Bene prezioso da non privatizzare. Ed è proprio appellandosi all’Enciclica di Francesco che il neo presidente della Provincia di Avellino, Biancardi, è intervenuto chiedendo di rinviare l’assemblea a dopo le feste, all’anno nuovo, per decidere sul futuro con maggiore serenità. Proposta accolta dalla maggioranza dei presenti che hanno fatto valere il proprio voto espresso per alzata di mano. Tutto rinviato, quindi, al nuovo anno! Scongiurato, almeno per ora, il pericolo di votare una modifica statutaria, inserita all’ordine del giorno, per “agevolare” l’ingresso del privato nella gestione. Sulla decisione del rinvio avrà sicuramente pesato l’esito dell’incontro, svoltosi a Roma il giorno precedente l’Assemblea, al MISE, Il Ministero per lo Sviluppo Economico. Dall’incontro sarebbero emerse strade alternative per evitare la privatizzazione dell’Alto Calore e, soprattutto, anche il riferimento alle possibili responsabilità di danni erariali; elementi che hanno indotto, evidentemente, i Sindaci-soci a schiacciare il tasto “pause”!
Sarà un 2019 decisivo per le sorti della storica azienda Irpinia, Alto Calore, fondata nel lontano 1938: ottanta anni fa 31 Comuni della provincia di Avellino e 5 del Sannio si misero insieme per fondare un nuovo modello di gestione: un Consorzio. All’epoca si trattava di una vera e propria innovazione per la distribuzione delle risorse idriche. Oggi, mentre è in fase di studio la legge Daga, per il riordino dei Servizi idrici in Italia, uno dei primi Acquedotti italiani rischia il fallimento! E pensare che l’Alto Calore, che prende il nome dal fiume Calore, esiste e poggia le proprie basi su un “enorme giacimento idrico”: si tratta del bacino idrico più grande del Mezzogiorno d’Italia. Se si considera l’importanza vitale della risorsa se ne deduce immediatamente che l’Irpinia possiede, grazie a madre natura, una ricchezza incommensurabile. Per 80 anni Alto Calore è stato sinonimo di efficienza, si annoverano nel tempo anche gli sprechi, ma c’è, ancora oggi, un Servizio di qualità erogato con continuità e con tariffe contenute (rispetto alle tariffe praticate da un gestore privato), ciononostante gli elevati costi di energia elettrica sostenuti per gli impianti di sollevamento. Nel terremoto del 1980, dopo soli tre giorni dall’immane catastrofe, in Irpinia venne riattivato il Servizio, in gran parte dei Comuni dell’Irpinia e del Sannio, e i cittadini ebbero di nuovo acqua dai rubinetti. Ciò fu possibile grazie all’impegno e al lavoro di tecnici competenti, merito indiscusso dei dipendenti di un Consorzio efficiente. Nell’anno 1998, l’onorevole Giancarlo Galli, estensore della Legge 36/94, nel visitare Avellino e gli impianti dell’allora Consorzio Alto Calore, ebbe a definire il tutto un modello esemplare di gestione. Nell’anno 2003 venne decisa la conversione in Società per Azioni, nacque così Alto Calore Servizi S.p.a., sdoppiandosi in un duo, rivelatosi successivamente, per gli elevati costi dell’operazione, una scelta catastrofica: Servizi e Patrimonio. La prima, in pratica la continuità, la seconda, invece, la “cassaforte contenitore” di tutte le reti e gli impianti. È da quel momento, in particolare, che si sono perse le tracce del buon senso! La guida dell’ATO rifiutò di conferire all’unico gestore il Servizio “in house”, tra le motivazioni: troppi debiti! E pensare che in quegli anni i danni ammontavano a meno di 30 milioni di euro, mentre oggi si superano i 140milioni di euro! Fatto alquanto curioso è che alla guida di quell’ATO1 Calore Irpino c’era allora tal De Stefano Lello, all’anagrafe Raffaello, divenuto successivamente membro del Controllo Analogo, per il Comune di Avellino, e poi ancora Amministratore Delegato. Autodefinitosi Manager e non POLITICO nel corso di una delle prime Assemblee, De Stefano ha lasciato la guida di Alto Calore Servizi dopo 5 anni (nel 2018) con un debito che ha superato abbondantemente quota 100 e oltre, (da non confondersi con l’agevolazione pensionistica in discussione al Parlamento!) e una mancata riorganizzazione del personale, ciononostante l’esborso finanziario in consulenze varie, onerose e, a giudicare dai risultati, in buona parte anche inutili. Il tutto passando per una denuncia alla Corte dei Conti (uno dei procedimenti è stato archiviato) e per un rinvio a giudizio, di cui stranamente i Media locali ne ignorano (sicuramente per distrazione), la gravità. A Gennaio 2019 il De Stefano, impiegato alla TELECOM, dovrà comparire nell’udienza penale davanti al giudice del Tribunale di Avellino. I dettagli, per ora, ve li risparmiamo, basta dire che sono connessi al ruolo ricoperto in Alto Calore. Il quotidiano IL MATTINO, all’indomani dell’udienza in Commissione a Montecitorio pubblicò il resoconto mostrando la foto del De Stefano che si avvicinava al relatore, Michelangelo Ciarcia, attuale Amministratore Unico di Alto Calore, segnalando con il dito alcune cose scritte sul foglio, come a voler indicare delle note. Le amicizie e le collaborazioni possono essere scelte a proprio piacimento, ma solo a casa propria, non quando in ballo ci sono le sorti dell’unica vera Azienda, la prima del territorio, per indotto economico, importanza e storia. Domanda: perché un ex, come De Stefano, rinviato a Giudizio per fatti gravi, dovrebbe diventare “consigliere” di una persona capace come l’attuale Amministratore Unico di ACS ? Qui abbiamo solo la domanda, manca la risposta! Bisognerebbe chiedere al presidente dell’amministrazione provinciale, Biancardi, a chi si riferiva, quando in Assemblea, ha affermato che il passato, anche recente, di Alto Calore è pieno di disastri e non sono ammissibili ulteriori ingerenze da parte di chi ha, di fatto, fallito. C’è una area politica, un tempo riferimento culturale e sociale di maggioranza, anche per il mondo ecclesiale, che ha perso la bussola e non riesce più a trovare la direzione del buon senso o, se preferite, del buon governo. Il fatto di per sé straordinario è che la linea della politica nostrana, in particolare, continua ad essere la stessa, praticata da quarte e quinte file che approfittano del vuoto creatosi, ciò che si palesa agli occhi dell’opinione pubblica è una oggettiva e conclamata incapacità. Questa analisi serve solo a spiegare le ragioni del disastro ma non aiuta, purtroppo, a risollevare le sorti della “Terra di mezzo” che tanto ha fatto sognare grazie a menti eccelse, da De Sanctis a Dorso. C’è una Questione Meridionale irrisolta, e per di più dimenticata, oggi attuale per rilanciare un modello di sviluppo che consenta di fermare la nuova emigrazione, tanti giovani partono per non tornare più. Il calo demografico dell’ultimo decennio racconta di una provincia che si sta spegnendo, con una città capoluogo che pur senza sviluppo industriale presenta il conto dell’inquinamento atmosferico e di una risorsa così preziosa, come l’acqua, che rischia addirittura di passare nelle mani di privati. Non sappiamo indicare la strada giusta da seguire ma basta davvero poco per intuire che una risorsa come l’acqua Non può e non deve essere privatizzata, se non basta il risultato referendario del 2011, e se non è sufficiente neanche il grido di un Papa, racchiuso nell’Enciclica LAUDATO SÌ, allora non c’è altro da fare che abbandonare ogni speranza! E pensare che la legge sul riordino dei Servizi idrici propone il modello di Azienda Speciale, una sorta di Consorzio tra i Comuni, in pratica proprio come era l’Alto Calore 80 anni fa. È, forse, banale ma è proprio il caso di dire che il futuro è nel passato.

A cura di Max Zanobi

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