Prepariamoci al peggio
Ormai ci siamo, è l’ultimo giro di boa per la legislatura più difficile della storia repubblicana: si è appena “compiuto” il termine per la pensioncina contributiva ai deputati ed allora tutto è possibile, il voto anticipato o quello in primavera, alla naturale scadenza.
Ma come arriveranno, i partiti, all’imminente appuntamento elettorale?
Per dare una risposta è opportuno analizzare, in rapida sintesi, le vicende politiche appena trascorse, dalle quali avranno origine i futuri orientamenti elettorali. Diciamo, subito, che la novità di questa legislatura, è stata la presenza dei 5Stelle. Non hanno governato (in verità hanno rifiutato, sdegnati, ogni ipotesi di alleanza) ma hanno proposto e contribuito a votare leggi importanti (vantano di aver voluto il blocco delle cartelle esattoriali per le aziende in credito con lo Stato, l’8 x mille per l’edilizia scolastica, i tagli alle consulenze nella P.A., il divieto di introdurre nuovi giochi di azzardo oltre a contributi decisivi per la legge sui reati ambientali e per altre leggi, pur se approvate senza il loro voto finale). Hanno, sicuramente, dettato l’agenda politica costringendo gli altri partiti (tutti o quasi) a cambiare i propri comportamenti nell’esercizio dell’attività politica ( ed hanno portato una ventata di onestà e di correttezza che prima non c’era). Può sembrare poco, ma invece è tantissimo se si pensa ai brutti vizi che ancora qualificano la vita dei partiti e degli uomini politici.
I partiti di governo non stanno particolarmente bene!
Certo, il PD guida il Paese e la maggioranza delle Regioni e dei Comuni italiani, ma le prospettive sono tutt’altro che rosee. Avevano cominciato, con Bersani, “a non vincere ma nemmeno a perdere”; hanno creduto, con Renzi, di poter stravincere, (dopo il 40% alle Europee) ma sono stati vittime della loro presunzione. Il successo alle Europee è arrivato troppo presto: un fatto occasionale ed emotivo che è stato frainteso come una scelta definitiva dell’elettorato! Così sono cominciati gli errori: la rottamazione (che aveva acceso i cuori degli italiani) si è fermata a Roma e si è limitata a mettere nell’angolo solo alcuni personaggi scomodi (per Renzi) dell’establishment, mentre in periferia (vedi Avellino) il peggio ha continuato a dettare legge. Infine, un delirio di onnipotenza (comprensibile, sul piano umano per un politico “senza storia” come era, allora, l’ex sindaco di Firenze) ha convinto Renzi ad “intestarsi” la riforma costituzionale ma la sconfitta, agevolata da una superbia insopportabile, ha travolto il leader PD ed ha scosso sensibilmente il Partito. La scissione che è seguita ha fatto il resto ed oggi il PD è molto più debole di quattro anni fa, malgrado i discreti risultati del governo Gentiloni.
Renzi gira l’Italia, per creare entusiasmo ed interesse per il partito che vorrebbe costruire. Ma a mio avviso somiglia tanto a quei politici che si vedono tra le macerie dopo il terremoto, fanno tante promesse ma sono guardati con diffidenza e con sospetto dal popolo (nel nostro caso quello di sinistra) che ancora non si spiega il “terremoto” che li ha colpiti! Perché, diciamola tutta, nessuno ha fatto un’analisi seria e sincera della vicenda scissione e nessuno si è messo nelle condizioni di totale disponibilità personale “per il bene del partito e del Paese”. Perché nessuno di loro sa cos’è il sacrificio personale a favore di un’idea o di una comunità! Non ci sono riusciti fino ad ora (piddini ed articolo uno, inclusi gli amici di Pisapia), non ci riusciranno nei prossimi mesi. Il risultato è già scritto: faranno un grande regalo alla Destra che si prepara a vincere ed a governare.
Tutti gli indizi, infatti, portano ad un esito inevitabile: la vittoria della Destra che, malgrado le difficoltà di Forza Italia (il partito del “non candidabile” Berlusconi), che era sul punto di sparire, ridotto a percentuali di sopravvivenza (5 – 8 %), malgrado l’inaffidabilità della Lega di Salvini (pignorata per le truffe della dirigenza bossiana) e la pericolosità di una destra sempre più estrema (per il ritorno degli squadristi), appare ad un passo dal migliore risultato degli ultimi anni!
Per i centristi, infine, esiste solo un obiettivo: come riuscire a superare i quorum (il 3% alla Camera e l’8%, regionale, al Senato), per sopravvivere fino a diventare l’ago della bilancia del futuro parlamento. Provano a mettere insieme sigle e personaggi del passato; provano, anche, ad immaginare percorsi e proposte interessanti, ma non riescono a capire che i tempi sono drammaticamente diversi, che essi avrebbero bisogno di interpreti nuovi e soprattutto di quel “tempo” che hanno sprecato alla ricerca esclusiva del potere, il cui esercizio è riuscito, anche, ad evitarne l’estinzione anticipata ma non ha creato alcuna prospettiva per le nuove proposte che potrebbero convincere la pubblica opinione, quella cattolica prima degli altri.
Probabilmente, questa analisi, frettolosa, ha una prospettiva di “verità” solo nelle condizioni date. Certo, se il Parlamento riuscisse ad approvare una legge elettorale che facilitasse le alleanze prima del voto, in funzione della governabilità, le cose potrebbero cambiare, ma la situazione di precarietà di tutti i partiti rende sempre più improbabile un’intesa sulle regole del voto.
Nessun partito vuole correre rischi perché, in fondo, il sistema elettorale del cosiddetto “consultellum” (la legge vigente frutto della modifica della Corte Costituzionale) va bene a tutti (M5S incluso): perché rinvia le soluzioni ( o le alleanze possibili) a dopo il voto e soprattutto perché permette ai capi-partito di “scegliere” il 70% degli eletti (ferma restando la regola della indicazione dei capilista). Perciò, prepariamoci al peggio: ma speriamo ancora in qualche miracolo!
michelecriscuoli.ilponte@gmail.com