La vocazione politica
Capita, ancora, di interrogarmi sulle ragioni che spingono le persone ad innamorarsi della Politica. Se dovessi trovare la motivazione più alta, mi verrebbe subito la parola “vocazione”. Perché la Politica è una vera e propria chiamata al servizio della comunità. E perché, il sogno più bello di un giovane è quello di potersi impegnare a favore dei propri concittadini; la speranza, più esaltante è quella di vedersi riconosciuta l’idoneità e la capacità ad occuparsi ed a risolvere i problemi di tutti. Si comincia così, da giovani, e si continua (si dovrebbe continuare) fino a quando “il chiamato” ha energie, fantasia ed intelligenza da spendere nell’interesse del bene comune.
Il “politico” dovrebbe essere come il buon padre di famiglia: dovrebbe preoccuparsi dei bisogni primari dei cittadini e garantire che le loro libertà ed i loro diritti non siano mai limitati o ignorati sino ad avere uno sguardo attento al futuro, per favorire la crescita e lo sviluppo di una comunità, assicurando a tutti il massimo di “Giustizia, Eguaglianza e Fraternità”, senza privilegiare gli interessi di pochi.
Perciò, la vocazione alla politica è una delle più affascinanti prospettive che possano convincere un giovane a “regalarsi” alla propria comunità! E’, come scriveva Paolo VI, il “più alto servizio di Carità”.
Qualche giorno fa mi è capitato di leggere una bella omelia del Vescovo di Avellino, Monsignor Arturo Aiello, tenuta in occasione del 25° anniversario di sacerdozio di un Parroco della Diocesi di Teano.
Il Vescovo Aiello, nel rilevare che “quella poteva essere l’occasione perché alcuni giovani dicano “ma forse essere prete è bello”, invitava i suoi sacerdoti “a manifestare questa bellezza dell’esser preti” cosicché “non ci sarà bisogno di nessuna pastorale vocazionale specifica perché la pastorale vocazionale è la vita del prete!” Quindi segnalava ai fedeli laici: “i vostri preti danno la vita per voi, il tempo, le energie, l’affettività, l’intelligenza, la creatività, la pazienza, il perdono… Non c’è aspetto della vita del prete che il prete possa dire “Questo è mio e solo mio” perché tutto quello che era nostro è diventato di Cristo e ipso facto è diventato della Chiesa, perché Gesù e la Chiesa si immedesimano”.
Ho citato alcuni passaggi di questa testimonianza della “bellezza” vocazionale del sacerdozio per spiegare che anche la Politica ha una sua “sacralità” e meriterebbe ben altri testimoni. Ciò che più mi stizzisce è il fatto che la funzione politica abbia raggiunto il livello più degradato nel giudizio prevalente dei cittadini. E la cosa più assurda è che nessuno (nemmeno le persone oneste e preparate che vivono la loro esperienza politica) fa niente per impedire che domini la convinzione che “i politici sono tutti ladri e corrotti o, quanto meno, prezzolati al servizio dei potenti”!
Ecco, parafrasando Monsignor Aiello, mi chiedo: perché non si riesce a trasmettere l’immagine che “fare politica è bello”? Perché nessun politico riesce a far passare l’idea che il “politico” è colui che è disposto a “dedicare il tempo, le energie, l’affettività, l’intelligenza, la creatività e la pazienza” al servizio della comunità e non, invece, al servizio dei propri successi personali? Eppure, la storia politica del nostro Paese ci ha offerto esempi di straordinaria bellezza, soprattutto tra i Padri Costituenti: Dossetti, La Pira, De Gasperi, Togliatti, Moro, Berlinguer… e tanti altri!
Oggi, il rischio più forte è la corruzione: quella del denaro che domina la nostra società, sicché è sempre più difficile, anche per i “buoni” politici, mantenersi integri.
Mi piace, perciò, ricordare le parole di Papa Francesco, nel 2014, ai Movimenti Popolari (richiamate da Padre Zanotelli in occasione della costituzione del Comitato “Laudato Si’ ”): “Come la politica non è una questione dei politici, la corruzione non è un vizio esclusivo della politica.
C’è corruzione nella politica, c’è corruzione nelle imprese, c’è corruzione nei mezzi di comunicazione, c’è corruzione nelle chiese e c’è corruzione anche nelle organizzazioni sociali e nei movimenti popolari”.
Quindi, il suggerimento del Papa non lascia adito a dubbi: “chi sceglie di servire gli altri deve vivere un forte senso di austerità e di umiltà….!
A qualsiasi persona che sia troppo attaccata alle cose materiali o allo specchio, a chi ama il denaro, i banchetti esuberanti, le case sontuose, gli abiti raffinati, le auto di lusso, consiglierei di capire che cosa sta succedendo nel suo cuore e di pregare Dio di liberarlo da questi lacci”! E le conclusioni di Papa Bergoglio sono altrettanto nette ed inequivocabili: “colui che sia affezionato a tutte queste cose, per favore, che non si metta in politica, non si metta in un’organizzazione sociale o in un movimento popolare, perché farebbe molto danno a sé stesso e al prossimo e sporcherebbe la nobile causa che ha intrapreso. E neanche che si metta in seminario…”!
Ecco, bisognerebbe istituire un “corso di studi” (e dedicare tante ore alle esercitazioni pratiche) per tutti coloro che vivono, con difficoltà, la propria esperienza politica. Con due obiettivi specifici: da un lato, per esaltare “la bellezza” della vocazione e le grandi soddisfazioni (morali e spirituali) che l’impegno politico può offrire; dall’altro, per convincerli a spendere ogni energia, ogni intelligenza e capacità “per espellere dal proprio seno le male piante, per indurli a denunciare i corrotti ed i corruttori, per convincerli che l’umiltà e l’austerità possono vincere più del successo e del potere”!
Così si potrebbero sconfiggere i cosiddetti populismi, si potrebbe rinnovare il tessuto morale di un popolo e vincere la battaglia contro l’ingiustizia e la povertà. Qualcuno dirà: è solo una bella utopia! Certo, ma nessuno ci impedisce di mostrare il coraggio necessario a perseguirla!
michelecriscuoli.ilponte@gmail.com