Eutanasia della politica

 

 

In passato, ho definito Renzi un “perdente di lusso”.
Ad un anno (forse meno) dalle elezioni politiche quella definizione mi sembra sempre più azzeccata! Proviamo a capire perché.
Si potrebbe obiettare: ma Renzi è stato rieletto, con grandi consensi, Segretario Nazionale del PD e sta approvando, con la maggioranza più ampia possibile, una legge elettorale che lo aiuterà a diventare Presidente del Consiglio. Ebbene, il risultato finale, a mio modesto avviso, non sarà così favorevole come immaginano tanti commentatori. Ma procediamo con ordine.
Cominciamo dal PD, o meglio da quel che resta del partito che alle ultime Europee riuscì ad ottenere il 40% dei voti. Il PDR (il partito di Renzi) è ben diverso da allora: il rinnovatore ha vissuto il dramma di una sua “parziale” rottamazione (la sconfitta al referendum è ancora viva nella testa degli italiani); la scissione di Articolo Uno ha lasciato un vuoto, nella sinistra del partito, che né Orlando né Emiliano sono riusciti a colmare; infine, il rinnovamento del partito si è fermato a Roma, senza toccare il “peggio” (dei democratici) che domina nelle periferie dell’impero renziano.
A ciò si aggiunge la scelta della nuova legge elettorale: il sistema, cosiddetto “tedesco” che tradisce la vocazione maggioritaria del PD e le sue radici uliviste. Ed è probabile che, dopo la fuga di mezza sinistra del partito, continuerà l’emorragia di quei democratici che hanno vissuto, con Prodi, i primi successi di un centro-sinistra diverso rispetto a quelli della prima Repubblica. Non solo, il sistema “tedesco”, imporrà, probabilmente, una classe parlamentare “scelta” dai capi-partito e non dagli elettori ed accrescerà il distacco (già ampio) tra i cittadini e la Politica. Di tutto ciò, non se ne avvantaggerà il PD, anche se vi sarà stato il concorso dei partiti antisistema (Lega e 5Stelle) che, con grande intuito, si sono dichiarati pronti all’intesa.
In ultimo, la proiezione dei risultati, sulla base dei sondaggi, rende improbabile una maggioranza omogenea. Sarà necessario, perciò, un governo di larghe intese con la innaturale convergenza tra il PD e la Destra moderata, guidata dall’odiato Berlusconi, emarginato dalla Legge Severini ma riportato in auge dalla fine intelligenza dei democratici. Ora, mi chiedo: qualcuno, nel PD, ha provato ad immaginare la reazione, al momento del voto, degli elettori storici del PD rispetto al “prezzo” da pagare per riportare Renzi a Palazzo Chigi?
Volendo spiegare tutto ciò con una metafora mi viene subito in mente la “vocazione all’eutanasia” che, spesso, affascina la sinistra italiana! Un partito che, in un passaggio decisivo della sua storia, adotta scelte contrarie ai suoi ideali somiglia tanto a quelle persone che decidono di porre fine alla propria esistenza scegliendo un “modo dolce” per sconfiggere le sofferenze di una malattia incurabile!
La malattia incurabile è, evidentemente, l’inaffidabilità della classe dirigente: ogni giorno presente nelle cronache giudiziarie. La scelta del sistema proporzionale (con la imposizione dei designati) appare il modo più efficace per accelerarne la “fine”, approfondendo il solco tra cittadini e politica che è proprio la patologia più grave della nostra democrazia! Nella migliore delle ipotesi Renzi potrebbe pure tornare al Governo del Paese. In quel caso, però, la “mutazione genetica” del Partito, rispetto a quello sognato da Prodi e costruito da Veltroni, sarà solo un palliativo: per rinviare, di poco, la morte.
Il Movimento 5Stelle, che sa di vivere un momento decisivo, si prepara a presentare una “squadra di governo” scegliendo, nella società civile, personalità e competenze di indiscusso prestigio. Spera di trovare l’antidoto allo scarso radicamento che potrebbe vederlo sconfitto in quasi tutti i collegi uninominali, ma potrebbe, anche, diventare un momento di svolta nel processo di “democratizzazione” del partito.
La Lega, alleata a Fratelli d’Italia, si presenterà, ovunque, come il partito anti-casta e stravincerà in quelle zone del paese dove forte è l’ostilità verso gli immigrati e la paura per il terrorismo.
Forza Italia proverà a tenere soprattutto al Sud e nelle regioni dove vanta una presenza storica nelle stanze del potere: ma la forza trainante del suo leader (unita all’immutabilità dei suoi dirigenti) ha perso da tempo ogni capacità di persuasione.
Quanto alle tante sinistre: se riuscissero a placare le ambizioni dei singoli (uomini e sigle) fino a credere in un vero progetto di cambiamento (se si ponessero, cioè, il dovere morale di guidarlo, il cambiamento, e se adottassero comportamenti credibili), potrebbero aspirare ad un successo insperato. Diversamente, sono destinati a restare, meritatamente, fuori dal Parlamento, come è già successo a tanti loro predecessori (e questo sarà il regalo vero che Renzi si aspetta dal “tedesco”)!
I centristi, infine, rischiano brutto: nemmeno assemblati con la colla più resistente riusciranno a garantire il superamento del quorum. Perché, sono l’emblema del peggio che non vuole finire e perché la storia, prima o poi, deciderà di cancellarli dalla scena politica, oltre le ostinate ambizioni dei loro tanti capetti.
Si potrà osservare: ma se tutti perdono, chi vincerà, se non Renzi? Mai come in questa occasione l’incertezza prevarrà fino all’ultimo voto! E di una cosa sola possiamo essere sicuri: con questa legge elettorale e con questa classe dirigente (che, tutta insieme, sta organizzando la propria “auto-rielezione” in Parlamento) perderà l’Italia e perderemo, purtroppo, tutti noi!

michelecriscuoli.ilponte@gmail.com

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