OLIO DI PALMA TRA REALTA’ E PSEUDOSCIENZA
Nel nostro “Bel Paese”, così come è avvenuto nel caso dei vaccini, in cui la realtà è stata sostituita dalla pseudoscienza, si continua a trasformare un semplice avvertimento in una psicosi collettiva. La disinformazione è il fulcro delle nevrosi da Telegiornale. Il vortice mediatico demonizza anche le più diffuse componenti alimentari della nostra tavola e proprio tra queste ricordiamo l’olio di palma. Oramai in tutti i supermercati non c’è scaffalatura in cui non è messo in mostra in termini enfatici: “…queste confezioni non contengono olio di palma”, perché la polemica ha indotto moltissime Aziende della filiera alimentare a cancellare sulle etichette dei prodotti il grasso vegetale ricavato dall’albero diffusissimo nella Guinea (Africa occidentale), ma oggi anche in Indonesia ed in Malesia. Nell’ansia collettiva ogni etichetta, che genericamente riportava la dicitura “grassi vegetali” oppure “olio vegetale”, altro non era che il sotterfugio per “nascondere”, secondo gli allarmisti, l’olio di palma. In pratica un espediente fondato sulla malizia degli industriali per trarre in inganno gli acquirenti. Per essere precisi andrebbe per prima cosa chiesto di fronte a quale tipo di olio di palma ci troviamo. Infatti, a seconda dell’origine e della lavorazione, ne esistono tre tipi: olio di palma grezzo, olio di palmisto ed olio di palma raffinato. L’olio di palma grezzo si ricava dai frutti della palma ed è per questo che il suo colorito è arancione perché ricchissimo di carotenoidi. A temperatura ambiente ha la consistenza dello strutto (la sugna delle nostre parti) per l’alta quantità di acidi grassi saturi (quelli delle carni) compensata da analoga quantità di antiossidanti a da vitamina E. Quindi veramente un “buon grasso”. L’olio di palmisto, invece, si ricava dai semi della pianta e ricorda il burro per il colorito bianco perché privo di carotenoidi. L’olio di palma raffinato non è altro che il tipo grezzo che subisce un processo di raffinazione. Tale processo fa perdere tutti gli antiossidanti presenti nella formulazione grezza. Cento grammi di quest’ultimo tipo di olio contiene 884 chilocalorie, però ad indice glicemico pari a zero. L’industria alimentare lo utilizza moltissimo per la frittura dei cibi ma anche per preparare biscotti, merendine, cioccolatine, gelati, zuppe già pronte e tante altre pietanze e tipologia di dolci. Dato che l’olio di palma raffinato riesce a resistere a lungo alle alte temperatura ed al sole è molto utilizzato per la conservazione dei cibi confezionati. E’ l’ideale per la cottura perché raggiunge il “punto di fumo” molto lentamente. Dicesi “punto di fumo” la temperatura alla quale un grasso alimentare riscaldato comincia a rilasciare sostanze volatili che divengono visibili sotto forma di fumo. Tra le caratteristiche a favore dell’olio di palma ci sono la sua grande economicità e la facile digeribilità, ma ne assumiamo più del necessario perché, essendo presente in moltissimi prodotti di utilizzo quotidiano, ne ingeriamo una quantità superiore al necessario. Il vero problema della questione olio di palma è la sua raffinazione che produce alcune sostanze tossiche ed altre potenzialmente cancerogene, ma solo e soltanto a determinate estreme condizioni e non certo quelle della prima colazione dei “nostri tempi”. L’olio di palma raffinato, come abbiamo già accennato, possiede potenzialità tossiche ed anche genotossiche ma a temperature superiori a 200 gradi centigradi, per cui è inserito nella lista delle sostanze potenzialmente cancerogene dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro. I duecento gradi sono difficili da poterli “sopportare”, tanta gente è entrata in paura. Poi, per essere potenzialmente genotossico ci dobbiamo trovare di fronte a concentrazioni elevatissime di questa sostanza (secondo l’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare). Quest’ultimo organismo, a riguardo dell’olio di palma raffinato, ha dato un’unica raccomandazione che è quella di non abusare di cibi contenenti olio di palma, perché spesso ne assumiamo più del necessario, anche se in maniera inconsapevole. Sempre lo stesso Istituto europeo ricorda che i grassi non vanno assolutamente eliminati dalla dieta, alla quale dovrebbero apportare il 30% delle calorie totali, di cui un 10% di grassi saturi. Secondo noi tutto l’allarme creato sull’utilizzo dell’olio in questione andrebbe di molto ridimenzionato perché l’uso che se ne fa normalmente, le quantità utilizzate nell’industria alimentare ed in quella dolciaria non sono tali da creare un’eccessiva paura. Ma si sa: agli italiani piacciono evidentemente le esagerazioni.
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