ZANOTELLI: IRPINIA SVEGLIA, L’ACQUA ANDRA’ AI PRIVATI, AUMENTERANNO COSTI E DISSERVIZI

Venerdì 19 maggio, presso il Salone del Palazzo Vescovile di Avellino, ha avuto luogo il Convegno: “Irpinia terra ricca di acqua – un percorso condiviso per costruire un’economia ambientale”, iniziativa svolta in linea con la programmazione culturale e pastorale della Conferenza Episcopale Campana, organizzata dalla Diocesi di Avellino e dal settimanale “Il Ponte”.

Il tema ha preso spunto, chiaramente, dall’Enciclica “ Laudato Si’ “, di cui ricorre il secondo anniversario, di Papa Francesco e, in particolare, dalla sua frase: “Stiamo distruggendo il Creato”.

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Il Convegno è stato salutato da Monsignor Enzo De Stefano, Amministratore Diocesano, ed è stato introdotto dal Dottor Mario Barbarisi, Direttore de “Il Ponte” e Consigliere Nazionale FISC. Hanno fatto seguito gli interventi del Dottor Domenico D’Alelio, Ricercatore in Ecologia Acquatica presso la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli e membro di Eco – Evo Research Messengers (ERMES), organizzazione no – profit che promuove la cultura scientifica su temi come ecologia ed evoluzione in tutti i contesti sociali; della Dottoressa Emanuela Dattolo, Ricercatrice in Biologia Vegetale presso la Stazione Zoologica Anton Dohrn e anch’essa membra di Eco – Evo Research Messengers (ERMES); dell’Avvocato Maurizio Montalto, ex amministratore di Abc (Acqua Bene Comune) e di Padre Alex Zanotelli, della comunità missionaria dei Comboniani, ispiratore e fondatore di diversi movimenti italiani tesi a creare condizioni di pace e di giustizia solidale e direttore, sin dalle origini, della rivista nonviolenta fondata da don Tonino Bello, “Mosaico di Pace”, dopo essere stato, dal 1978 al 1987, direttore di “Nigrizia”, che ha contribuito a trasformare da mensile di pura informazione religiosa ad un mensile di informazione socio-politica sulla situazione africana, mirando infatti ad un rinnovamento della mentalità per risolvere alla radice i problemi del Sud del mondo, divenendo un punto di riferimento importante per la diffusione di una cultura della mondialità e per i diritti dei popoli.

Riportiamo, qui di seguito, una sintesi degli interventi dei relatori.

I due ricercatori della Stazione Zoologica Anton Dohrn, Dottor D’Alelio e Dottoressa Dattolo, hanno spiegato che il futuro dell’umanità sta nella condivisione delle risorse, al di là degli interessi locali. L’acqua è l’elemento principale per produrre cibo ed energia, ed è un elemento scarso, difficile da reperire in natura, anche se è stata considerata per anni un bene di scarso valore in quanto ritenuta di fatto inesauribile e di nessun costo reale. A conferma di ciò possiamo tranquillamente affermare che nessuna azienda agricola si è mai veramente preoccupata di fare un uso accorto e tecnicamente corretto di questo elemento, anche quando, come accade per le aziende ricadenti in comprensori di irrigazione, gestiti da consorzi di bonifica, l’acqua viene di fatto pagata sulla base di specifici parametri economici. Solo in Paesi aridi le si è dato un valore, considerandola di fatto un fattore di produzione con un costo proprio e un proprio rendimento monetario. Ad esempio, nella realtà israelita, l’acqua d’irrigazione è sempre stata considerata un elemento fondamentale di produzione di cui tenere conto sia del costo d’utilizzo, sia del ricavo marginale che deriva dal suo impiego. Tali concetti, pur non essendo estranei alla nostra cultura, non hanno mai trovato un’applicazione estesa, in quanto il concetto che l’acqua fosse un bene privo di costo monetario ha fatto aggio su ogni altra considerazione. Solo negli ultimi anni le aziende più avanzate si sono cominciate a confrontare con i costi di gestione relativi all’irrigazione in funzione delle spese e degli ammortamenti relativi alle opere d’adduzione e distribuzione delle acque ma, nessuna, ha mai dato un valore all’acqua in sé e per sé.

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Attualmente, anche a seguito d’iniziative legislative in ambito europeo ed alle susseguenti leggi nazionali da esse derivate, tale concetto di bene inesauribile e di scarso valore è in fase di superamento, a favore di una valutazione dell’acqua come di una risorsa limitata di cui fare un uso corretto al fine di non dissipare un bene che è considerato patrimonio di tutti. In questa nuova ottica e nell’ipotesi che, in un tempo non troppo lontano, l’acqua avrà un suo costo, è opportuno per le aziende agricole, soprattutto quelle che per la loro specializzazione colturale utilizzino grandi volumi d’acqua, un ripensamento sui modi d’utilizzo dell’acqua irrigua, individuando metodi d’irrigazione e d’utilizzazione che riducano al minimo gli sprechi di questa risorsa. Il ciclo dell’acqua è uno dei cicli vitali del sistema Terra ovvero la successione dei fenomeni di flusso e circolazione dell’acqua all’interno dell’idrosfera con i suoi cambiamenti di stato fisico (liquida, aeriforme e solida) ovvero ai continui scambi di massa idrica tra atmosfera e crosta terrestre attraverso le acque superficiali, le acque sotterranee e gli organismi. Oltre all’accumulo in varie zone del pianeta (come ad esempio oceani, mari e laghi), i molteplici cicli che compie l’acqua terrestre includono i seguenti processi fisici: evaporazione, condensazione, precipitazione, infiltrazione, scorrimento e flusso sotterraneo. La scienza che studia il ciclo dell’acqua è l’idrologia. Il ciclo dell’acqua riceve energia dal Sole. L’86% dell’evaporazione globale ha luogo negli oceani, riducendo la loro temperatura per evaporazione. Senza l’effetto di raffreddamento così generato l’effetto serra porterebbe la temperatura superficiale a 67 °C, e a un pianeta più caldo. La maggior parte dell’energia solare riscalda i mari tropicali. Dopo l’evaporazione, il vapor d’acqua si innalza nell’atmosfera ed è allontanato dai tropici dai venti. La maggior parte del vapore condensa nella Zona di convergenza equatoriale, rilasciando il calore latente che riscalda l’aria; questo fenomeno, a sua volta, fornisce energia alla circolazione atmosferica. Durante il secolo scorso il ciclo dell’acqua è diventato più intenso, con l’incremento dei tassi di evaporazione e precipitazione. Ciò è quanto gli scienziati si aspettano a causa del riscaldamento globale, dato che le temperature più alte aumentano il tasso dell’evaporazione. La ritirata dei ghiacciai è anch’essa un esempio del cambiamento in atto, dato che l’apporto d’acqua ai ghiacciai non è sufficiente a compensare la perdita per scioglimento e sublimazione. A partire dal 1850, anno in cui terminò la piccola era glaciale iniziatasi nel XIV secolo, il ritiro dei ghiacci è stato notevole. Anche le seguenti attività umane possono influire nell’alterare il ciclo idrologico.

  • Agricoltura;
  • Alterazione della composizione chimica dell’atmosfera (inquinamento atmosferico);
  • Costruzione di dighe;
  • Deforestazione e desertificazione;
  • Estrazione dell’acqua dalla falda freatica mediante pozzi;
  • Sottrazione d’acqua dai fiumi;
  • Urbanizzazione.
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L’acqua virtuale è una concezione riferita alla quantità di acqua dolce utilizzata nella produzione e nella commercializzazione di alimenti e beni di consumo. La definizione più generale tiene conto anche dei volumi d’acqua necessari per l’erogazione dei servizi: secondo tale definizione, l’acqua virtuale è definibile come “il volume d’acqua necessario per produrre una merce o un servizio”. Il primo ad introdurre questo concetto è stato nel 1993 il Professor John Anthony Allan del King’s College London e della School of Oriental and African Studies, che per questo ha ricevuto, nel 2008, lo Stockholm Water Prize da parte dello Stockholm International Water Institute. Nei suoi studi Allan stimò, ad esempio, che per una tazza di caffè sono necessari 140 litri di acqua, utilizzati per la coltivazione e il trasporto del caffè. Da qui l’idea che l’importazione e l’esportazione di beni comportasse di fatto anche lo scambio di acqua necessaria per la loro produzione. In seguito il direttore del Water Footprint Network, e Ashok Chapagain dell’Università di Twente hanno introdotto il concetto, strettamente correlato, di impronta idrica (Water Footprint), con cui calcolare il contenuto d’acqua di un prodotto con un modello analogo a quello dell’impronta ecologica, utilizzato per indicare il “consumo” di risorse terriere. L’impronta idrica si scompone in tre indicatori:

  • impronta idrica blu, che misura l’utilizzo umano di acque superficiali o di acque sotterranee;
  • impronta idrica verde, legata al consumo di risorse da precipitazioni, che permangono temporaneamente sul suolo o sulla vegetazione, senza alimentare il ruscellamento o la falda idrica.
  • impronta idrica grigia, che misura la quantità di acqua necessaria per l’assimilazione del carico inquinante immesso dall’attività umana.

Il cibo che produciamo corrisponde a due terzi dell’impronta idrica del pianeta, secondo Grace Communications Foundation, una fondazione che promuove il risparmio delle risorse idriche, l’utilizzo di energie rinnovabili e sistemi agricoli ecosostenibili.  L’impronta idrica è un’indicatore che misura il volume totale di acqua usata sia in modo diretto, ad esempio per bere o lavarsi, sia indiretto, per produrre servizi per gli abitanti o beni di consumo. Comprende l’acqua piovana e quella prelevata dai fiumi, dai laghi e dalle falde acquifere, che viene poi impiegata nel settore agricolo, industriale e domestico.  Come riporta il Guardian, la produzione di carne prevede il consumo di quantità molto maggiori di acqua, rispetto a quelle per la coltivazione delle verdure. L’Ime (Institution of Mechanical Engineers), società di ingegneria con sede a Londra, ha stimato che per produrre un chilo di carne ci sia bisogno di una quantità che varia dai 5mila ai 20mila litri di acqua, mentre per coltivare un chilo di grano servono tra i 500 e i 4mila litri di acqua. La differenza è molto marcata per via dell’acqua bevuta dagli animali, che si somma a quella impiegata per produrre il foraggio e i mangimi di cui si nutrono. Si sono messe a confronto, in questo modo, le quantità di acqua impiegate per allevare o coltivare diversi alimenti, mettendo in risalto l’enorme spreco che comporta la produzione di carne.

L’Avvocato Maurizio Montalto, ex amministratore di Abc (Acqua Bene Comune) ha spiegato che nel Centro – Sud Italia è stato sferrato un attacco alle fonti d’acqua e all’intero sistema idrico. Le multinazionali puntano ad accorpare il ciclo idrico integrato dell’intero Meridione, il cosiddetto distretto appenninico, al fine di accaparrarsi la mega gestione e realizzare la più grande privatizzazione d’Europa, in contrasto con l’esito del Referendum del 2011. L’obiettivo prioritario sono le fonti, poiché è più facile prenderne il controllo ed esse producono molto profitto, a fronte di spese e rischio minimi. Con la gestione del rubinetto principale è favorita l’acquisizione dell’intero ciclo integrato e il condizionamento politico del territorio. Per il perseguimento dell’obiettivo, la strategia in campo è diversificata temporalmente, per settore d’intervento e territorio, ma l’obiettivo è unico: giungere ad accorpare le Regioni del Centro – Sud e affidare la gestione del ciclo integrato a un’unica gigantesca Corporation. Senza dimenticare che le multinazionali in campo gestiscono anche rifiuti ed energia e puntano a realizzare gli stessi processi anche in questi altri settori, mediante la costituzione di una gigantesca multiutility. Le Regioni coinvolte sono il Lazio, l’Umbria, il Molise, la Puglia, la Basilicata, la Campania e la Calabria. La Sicilia, sotto attacco delle stesse lobby, non rientra nell’occupazione unificata del Centro – Sud. Nel Lazio domina l’Acea, una Società per Azioni sostanzialmente controllata dalla Suez, multinazionale francese. La Suez, attraverso l’Acea, già occupa vaste aree d’Italia e le sue fonti d’acqua. Suez è una compagnia francobelga che si è originata nel 1997 dalla fusione della belga Compagnia del Canale di Suez e della francese Lyonnaise des Eaux. Nel luglio 2008 si è fusa con Gaz de France, dando vita al gruppo GDF Suez, la prima società al mondo nella gestione del gas naturale liquefatto, che nel 2015 è diventata Engie. Si calcola che Suez rifornisca di acqua 116,4 milioni di persone in tutto il mondo. Acea è una multiservizi attiva nella gestione e nello sviluppo di reti e servizi nei settori dell’acqua, dell’energia e dell’ambiente. Nel settore idrico il Gruppo Acea è il principale operatore nazionale con un bacino di utenza di oltre 8 milioni di abitanti, gestore del servizio idrico integrato -acquedotto, fognatura e depurazione – negli Ambiti territoriali ottimali di Roma e Frosinone e nelle rispettive province. È presente nel Lazio, in Toscana, Umbria e Campania. A Roma la società Elabori esegue ogni anno circa 250 000 analisi sull’acqua potabile distribuita. Acea, il cui nome era sigla di Azienda Comunale Elettricità e Acque e poi di Azienda Comunale Energia e Ambiente, è quotata alla Borsa di Milano nell’indice FTSE Italia Mid Cap. Umbra Acque SpA, partecipata da Acea, gestisce la metà della regione e gli indirizzi aziendali sono quelli di unificare il metodo con le altre partecipate del grande gruppo, come Acea 2.0, dotata di sistemi informativi evoluti e in grado di supportare tutto il ciclo: dalla progettazione, alla gestione operativa, dalla manutenzione al supporto alle decisioni, con l’obiettivo ambizioso di diventare la prima multiutility interamente digitale.  Umbra Acque nasce in conseguenza delle disposizioni normative di settore (Legge 05.01.1994 n°36 e Legge Regione Umbria 05.12.1997 n°43), ispirate a principi di razionalizzazione di integrazione e unitarietà. Il servizio idrico integrato (l’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione di acque reflue) è stato riorganizzato sulla base di Ambiti Territoriali Ottimali, sinteticamente detti A.T.O.; nella Regione Umbria inizialmente ne sono stati individuati 3. Ai Comuni e alle Province ricompresi in ciascun Ambito Territoriale Ottimale, la norma ha attribuito il compito, oltre che di organizzare il Servizio Idrico Integrato, anche di costituire le Autorità di Ambito, soggetti dotati di personalità giuridica pubblica in forma consortile con funzioni di programmazione, organizzazione e controllo sull’attività di gestione del servizio. Gran parte delle sorgenti degli acquedotti provengono dall’Appennino centrale dove, nell’area di Gualdo Tadino, in provincia di Perugia, c’è una delle più grandi aziende di imbottigliamento di acqua in Italia: la Rocchetta, che sottrae moltissime risorse idriche al territorio. In Campania la società Acqua Campania SpA gestisce importantissime fonti e la Regione ha deliberato di affidarle la ristrutturazione, per circa 1 miliardo di euro, dell’intera rete delle fonti regionali che l’Ente Regione avrebbe dovuto trasferire ai gestori locali, unitamente alle risorse economiche. Acqua Campania è al 47,9% della Vianini SpA di Caltagirone (quindi Suez/Acea) e per il 52,1% di Veolia SpA, altra multinazionale francese. Acqua Campania è concessionaria della Regione Campania per la gestione dell’Acquedotto della Campania Occidentale (ACO), compreso del sistema di S. Sofia, e del servizio di misura, fatturazione ed incasso dei volumi di acqua potabile somministrati dagli Acquedotti Ex-Casmez (Acquedotto Campano) in gestione diretta alla Regione stessa.

La Regione ha predisposto una Convenzione di utenza per la somministrazione di acqua potabile ai Comuni, approvata con delibera di G.R. 8016/92 che rappresenta la base della disciplina di rapporto tra il fornitore (Acqua Campania) ed il cliente di volta in volta caratterizzato in relazione alle condizioni tecniche di erogazione che si vengono a creare sul territorio da servire. Acqua Campania SpA, nasce nel 1994 dalla trasformazione di un consorzio di enti ed aziende in Società, trasformazione approvata dalla Regione Campania. Vianini Lavori S.p.A. è una società del gruppo Caltagirone che opera dal 1890 nei settori più avanzati dell’ingegneria civile e nell’industria dei manufatti in cemento. La Vianini Lavori annovera tra i principali clienti anche l’Enel e le Ferrovie dello Stato. Dal 1986 al 2015 le azioni della Vianini Lavori sono state quotate alla Borsa Valori di Milano. Veolia Environnement è un’azienda francese di servizio pubblico, quotata alla Borsa di Parigi e parte dell’indice CAC 40. Il gruppo si compone di quattro divisioni, ed è attivo nei cinque continenti:

  • Acqua, tra i leader mondiali del trattamento e distribuzione dell’acqua potabile;
  • Rifiuti, fornisce servizi di raccolta, riciclaggio e smaltimento dei rifiuti;
  • Energia, produzione di energia e servizi accessori;
  • Trasporti, primo operatore privato di treni in Francia.

Veolia Acqua, filiale italiana del gruppo, conta su diverse società specializzate dislocate sul territorio italiano:

  • Veolia Acqua Srl, holding del gruppo in Italia;
  • Compagnia Generale delle Acque Spa, operativa in Veneto ed Emilia-Romagna;
  • Sagidep Spa, operativa su tutto il territorio nazionale ma presente soprattutto nel Nord-Ovest;
  • Società dell’Acqua Potabile Srl, operativa in Liguria;
  • SiceaSpa, operativa in Piemonte, Lazio, Emilia-Romagna, Toscana e Marche.
  • Siram Spa, azienda fornitrice di servizi energetici pubblici/privati in tutta Italia.

Veolia è in partnership con pubbliche amministrazioni in Acqualatina Spa, affidataria del S.I.I. per l’ambito di Latina, in Geal, concessionaria nel Comune di Lucca ed in Mediterranea delle Acque, gestore del S.I.I.nel comune di Genova. Il Gruppo Veolia Water, attraverso la divisione Solutions & Technologies ha in Italia altre partnership attraverso:

  • Ri.Cal., operativa in Calabria per la gestione di acqua all’ingrosso;
  • Siciliacque, operativa in Sicilia per la gestione dell’acqua all’ingrosso;
  • Siba, presente su tutto il territorio nazionale per la costruzione di impianti di trattamento delle acque e relativi servizi di ingegneria;
  • Veolia Water Technologies Italia S.p.A., operativa nel campo del trattamento delle acque reflue e di processo del comparto industriale.

Anche la So.Ri.Cal. SpA calabrese condivide percorsi con Veolia.

La Società Risorse Idriche Calabresi SpA – So.Ri.Cal. è la società mista a prevalente capitale pubblico regionale [53,5% Regione Calabria; 46,5% Acque di Calabria s.p.a. (100% Veolia)] a cui è stata affidata la gestione, il completamento, l’ammodernamento e l’ampliamento degli schemi idrici di grande adduzione, accumulo e potabilizzazione trasferiti alla Regione Calabria dalla disciolta Cassa per il Mezzogiorno ex art. 6 L. n. 183/1976; nonché lo svolgimento del servizio idropotabile all’ingrosso in favore di tutti gli Utenti/Comuni calabresi, giusta convenzione di concessione di durata trentennale con la Regione Calabria.

Diversa la vicenda Molisana, laddove le fonti sono gestite da un’Azienda speciale, l’Azienda Speciale Regionale Molise Acque, ma la Regione ha deciso di mettere a gara l’attività degli acquedotti principali.

L’ERIM, istituito con Legge Regionale del Molise n.31/80 per subentrare nel 1983 alle vecchie gestioni della Casmez e di altri enti disciolti, assicura il rifornimento di acqua potabile ai serbatoi di 170 comuni molisani, pugliesi e campani. Il bacino di utenza è di circa 500.000 abitanti ed il servizio idrico viene garantito attraverso un sistema di circa 2.000 km di condotte, 250 serbatoi, 35 centrali di sollevamento. La Puglia, invece, non ha acqua, ma l’acquedotto pugliese è lo strumento principale attorno al quale si tenta l’aggregazione e l’occupazione delle fonti. L’acquedotto pugliese è l’infrastruttura pubblica di approvvigionamento idrico-potabile della regione Puglia e di alcuni comuni della Campania. Le principali sorgenti di approvvigionamento si trovano tra la Campania e la Basilicata, il maggior numero delle quali nella provincia di Avellino. Le principali fonti di approvvigionamento idrico della Puglia sono:

  • le sorgenti della Madonna della Sanità (portata pari a 4.000 l/s) del fiume Sele, le cui opere di captazione sono ubicate nell’abitato di Caposele (AV);
  • le sorgenti del fiume Calore Irpino denominate Peschiera, Pollentina, Prete e Bagno della Regina, site nel territorio del comune di Cassano Irpino (AV);
  • l’invaso artificiale di Occhito sul fiume Fortore: la cui diga, realizzata in materiali sciolti, è ubicata in agro di Carlantino(FG), al confine tra le regioni Molise e Puglia, e le cui acque sono potabilizzate in località Masseria Finocchito in agro di Castelnuovo della Daunia (FG);
  • l’invaso artificiale del Pertusillo sul fiume Agri: la cui diga è ubicata a Pietra del Pertusillo di Spinoso (PZ) e le cui acque sono potabilizzate nell’impianto ubicato in agro di Missanello (PZ);
  • l’invaso artificiale di Senise sul fiume Sinni: la cui diga è ubicata a monte Cotugno e le cui acque sono potabilizzate nell’impianto ubicato in località Masseria del Panettiere in agro di Laterza (TA);
  • l’invaso artificiale di Conza sul fiume Ofanto: la cui diga è ubicata a Conza della Campania (AV) e le cui acque vengono potabilizzate: l’impianto, ultimato di recente è in fase autorizzativa al prelievo idrico.
  • l’invaso artificiale del Lago Locone sul torrente omonimo, la cui diga è ubicata in agro di Minervino Murge (BT) e le cui acque sono potabilizzate nell’impianto ubicato in contrada Lamalunga, sempre in agro di Minervino Murge;
  • la falda sotterranea: gran parte della Puglia è caratterizzata geologicamente dal fenomeno del carsismo. Conseguentemente, nella quasi totalità del territorio regionale si riscontra l’assenza di corsi d’acqua superficiali, mentre è generalmente presente una buona falda idrica, che però deve essere salvaguardata nel futuro dal pericolo di salinizzazione dovuta all’intrusione marina per l’eccessivo ed incontrollato emungimento degli ultimi decenni a scopi irrigui e potabili mediante migliaia di pozzi privati. La falda sotterranea rappresenta un’importante riserva idrica per la Puglia e l’attingimento da parte di AQP SpA avviene attraverso circa duecento pozzi, dislocati su tutto il territorio regionale.
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Fa azione di resistenza al progetto solo la Regione Basilicata, che gestisce il ciclo integrato con una società per azioni, a totale capitale pubblico, denominata “Acqua S.p.A. — Società per azioni per l’approvvigionamento idrico”. Ai sensi dell’art. 28 comma 11 della legge 28 dicembre 2001 n. 448, la Società è autorizzata, sulla base di apposita convenzione approvata dagli organi di governo delle Regioni partecipanti, ad avvalersi dell’Ente per lo sviluppo dell’irrigazione e per la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia, nei limiti della sua operatività in materia. Il legislatore nazionale e regionale fornisce di volta in volta gli strumenti utili alle lobby, agevolandole. Già nel cosiddetto Decreto Ronchi, abolito parzialmente col Referendum del 2011, erano previste forme di aggregazione. Lo Sblocca Italia ha indotto alla costruzione di Enti d’Ambito regionali, che esautorano gli enti locali e con essi le comunità territoriali. Le norme finanziarie affamano i Comuni e promettono favori a quelli che dismettono i servizi. I gestori e gli enti locali stanno raggiungendo accordi di aggregazione di livello ultraregionale: l’acquedotto pugliese AQP con l’acquedotto di Avellino ACS, con Gesesa SpA di Benevento (di proprietà di Acea, quindi di Suez) con Gori SpA, gestore dell’Area vesuviana/sarnese/nolana/sorrentina ( controllata da Acea, Suez) stanno prendendo il controllo delle fonti campane, molisane e laziali. Nessuna necessità reale d’efficienza del servizio idrico giustifica queste scelte. Le condizioni emergenziali, determinate dalla procedura d’infrazione avviata dall’Unione Europea per l’inerzia dell’Italia nel settore della depurazione, sono l’occasione per assegnare anche questo segmento del ciclo integrato alle lobby insieme alle risorse economiche negate alle gestioni pubbliche. Questo spiega il Decreto Legge con il quale in Governo prevede di nominare un Commissario straordinario nazionale, affidandogli la depurazione e le risorse economiche per realizzare gli impianti. Gli enti locali non sono stati messi in condizione d’intervenire, i costi della depurazione sono elevatissimi e, in assenza di trasferimenti economici, lo stato di arretratezza è consequenziale. L’emergenza, pertanto, è provocata. Grandi assenti momentanee nel progetto delle lobby sono le fognature. Un segmento del ciclo integrato non remunerativo, difficile da gestire e non ancora utile. Sarebbero necessari un nuovo Piano Marshall per il Centro – Sud Italia e la nazionalizzazione del servizio idrico integrato. Le gestioni pubbliche locali devono essere sostenute dal legislatore e dal governo; le norme da approvare devono favorire la ripubblicizzazione. Ai gestori pubblici locali devono essere affidate le fonti d’acqua: questi dovranno garantire la partecipazione delle comunità. Le reti idriche vanno ristrutturate con risorse economiche pubbliche, per garantire l’azzeramento delle dispersioni, la riduzione degli sprechi e la realizzazione delle reti duali. La depurazione va affidata alle gestioni locali; lo Stato deve trasferire le risorse economiche direttamente o per mezzo del Commissario, che deve vigilare sulle opere da realizzare. Il sistema fognario va ristrutturato a garanzia della corretta gestione del servizio idrico e della sicurezza del territorio. La Rete dei Comitati del Centro – Sud Italia s’impegna a vigilare sul rispetto del referendum e sulla costruzione delle gestioni pubbliche locali in tutti i territori e a mettere in campo ogni azione pacifica per contrastare il progetto di privatizzazione del Meridione d’Italia.

Padre Alex Zanotelli ha affermato che il Governatore della Puglia, Emiliano, vuole togliere all’Irpinia la gestione dell’Alto Calore e al Sannio la Gesesa, facendo in tal modo dell’Acquedotto Pugliese una piccola multinazionale: per questo motivo, la gente dell’Irpinia dovrebbe scendere in piazza, anziché subire in silenzio. L’Acquedotto Pugliese è al 100% pubblico, ma è una SpA, ed Emiliano vorrebbe inglobare in esso l’Alto Calore e la Gesesa, tra l’altro partecipata da Acea, per farne una piccola multinazionale, privatizzando il tutto. Tutto ciò è inammissibile, è un tradimento incredibile, preparerebbe senza alcun dubbio l’acquisizione, come se fosse una scatola cinese, da parte di Acea prima e di Suez poi, per diventare parte di una holding più grande. Dobbiamo scongiurare quest’eventualità, l’acqua è un bene troppo prezioso, e perciò deve restare pubblica. Si dovrebbe creare un comitato per la difesa dell’acqua, perché l’Irpinia potrebbe, anzi dovrebbe diventare una sorta di santuario dell’acqua. Solo la cittadinanza può difendere gli interessi dell’Irpinia, la politica non svolge più il suo ruolo di difesa del territorio, ma obbedisce all’unico potere che oggi conta, e cioè quello delle banche.

Vittorio Della Sala

 

 

 

 

 

 

 

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