Il cambiamento e la rassegnazione

 

 

Le recenti elezioni francesi hanno, per così dire, monopolizzato l’attenzione dei media italiani, quasi tutti impegnati a valutare le possibili somiglianze con le nostre vicende  politiche.
Questa volta, siamo stati anticipatori rispetto ai francesi! Era già successo, negli anni novanta, che due grandi partiti (la DC ed il PSI) sparissero dalla scena politica. Ed è già successo che un “presunto innovatore” (Berlusconi) riuscisse ad ottenere il consenso della maggioranza degli italiani, senza avere, in Parlamento, i numeri per fare le riforme, come, probabilmente, accadrà a Macron!  Infine, se volessimo “forzare” la similitudine, la storia potrebbe essersi ripetuta con Renzi: nato come rottamatore è finito per essere (quasi) rottamato dai suoi stessi compagni di partito.
In verità, se nel ‘94 i partiti coinvolti in tangentopoli furono spazzati via dallo sdegno popolare, la stessa cosa non si è verificata con Renzi, tornato alla guida del PD dopo aver digerito una pericolosa scissione. Perciò, cosa accadrà nella prossima tornata elettorale è difficile prevederlo: perché non sappiamo ancora con quale sistema si andrà al voto e, soprattutto, perché manca un “Macron italiano” capace di affossare la partitocrazia dominante.
Forse, è questa la colpa (o il demerito) più grande del Movimento 5Stelle: la difficoltà a rassicurare gli italiani sulla governabilità del Paese in maniera da permettere una rivoluzione istituzionale senza rischi per la democrazia. Ricordando lo slogan di Grillo alle ultime europee (“vogliamo il 51 per cento dei voti”), rivedo l’exploit di Renzi che, quasi a sua insaputa, ottenne più del 40% dei consensi. Perché, fu fin troppo facile diagnosticarlo, gli italiani, quando sentono “desideri e voglie” di maggioranza assoluta avvertono subito la “puzza” di autoritarismo, finiscono per allarmarsi e fanno scelte diverse.
E’ successo qualcosa di simile anche con il voto referendario del 4 dicembre scorso. La cosa che ha spaventato di più gli italiani è stato il rischio di consegnare il Paese a Renzi ed al  giglio magico che avevano imposto una riforma elettorale “truffa” (con l’indicazione del capo della forza politica e quindi del governo) che, insieme all’abolizione del Senato, rendeva verosimile una svolta autoritaria. Ho espresso, in passato, le mie perplessità su quell’interpretazione ma l’immaginario collettivo, compulsato da un’efficace propaganda, si convinse, facilmente, a bocciare Renzi.
Oggi le cose  sembrano cambiate: Renzi non è più l’asso pigliatutto che spaventava gli italiani e nemmeno Grillo oserà più minacciare la “dittatura democratica” della rete. Manca, tuttavia, chi possa garantire (non solo promettere) un cambiamento radicale senza che si possano temere rischi per i diritti e per le libertà dei cittadini.
Perciò, il rinnovamento potrà realizzarsi solo con due pre-condizioni: un sistema elettorale che permetta la governabilità e garantisca l’alternanza tra le forze che si contendono la guida del governo ed una classe dirigente totalmente nuova, in tutti i partiti politici.
Ora, mentre la prima condizione si verificherà solo se e quando sarà approvata la nuova legge elettorale, sulla seconda opzione (il rinnovamento della classe politica) c’è da temere il peggio, perché non c’è alcun segnale che possa lasciar pensare ad un esito positivo dello sforzo di cambiamento. Oggi, il ritorno al proporzionalismo puro (malgrado le dichiarazioni di intenti di tanti politici) sembra non solo una minaccia: è il sogno di sopravvivenza dei vecchi politicanti che funziona, insieme, da specchietto per le allodole (per i piccoli partiti) e da strumento essenziale per gli inciuci più impensabili nel caso le cose dovessero andare male!
In Italia, si sa, siamo sempre in campagna elettorale. Si voterà, a giugno, per le amministrative ed i partiti (alcuni dei quali “scomparsi” dalle schede per travestirsi da civici ed evitare brutte figure) sono pronti a cogliere i segnali che più li interessano. Per questo, la riforma elettorale sarà influenzata dalle “promesse” del voto amministrativo e nessuno dei contendenti saprà optare per una scelta che prescinda dalle convenienze dei singoli, sicché il compromesso che vincerà sarà, probabilmente, una specie di “ribollita del nazareno” (una legge, cioè, toscanamente orientata all’accordo tra il PD e quel che resta del moderatismo forza-italiota, ripulito dal neofascismo di Salvini).
“La rassegnazione può essere sublime, come l’eroismo!”, scriveva P.P.Pasolini nel lontano 1969. La rassegnazione al peggio, dei cittadini italiani, rispetto alle scelte sciagurate della politica, può essere vinta solo se cresce, nella pubblica opinione, il convincimento di un rinnovamento necessario e non più eludibile! Potrebbe provarci il Movimento 5Stelle: ma ho seri dubbi sulla loro capacità di leggere gli errori commessi e sulla possibilità di lavorare, con intelligenza e fantasia, ad un aggiornamento degli slogan e del programma di governo! Potrebbero riuscirci altre forze politiche, se sapessero interpretare la voglia di cambiamento che, ne sono convinto, è come il magma che cova nelle viscere di un vulcano, pronto ad esplodere senza preavvisi e senza lasciare vie di fuga a nessuno!
L’Italia ha bisogno di ben altri eroismi! Troppe anime perse (sopraffatte dalla rassegnazione) hanno deciso, in passato, le sorti del nostro Paese. È  auspicabile, perciò, che le lezioni della storia possano servire molto di più delle chiacchiere imbonitorie dei sopravvissuti all’epurazione della prima repubblica!

michelecriscuoli.ilponte@gmail.com

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