“Fa’ afafine” una recita per la scuola sull’omosessualità. Ma è Un’idea educativa?
L’omosessualità, maschile e femminile, era comunemente accettata nell’antica Grecia, ma in seguito fu considerata reato, sia in Oriente che in Occidente.
In Russia nel 1706 venne introdotto il rogo per chiunque fosse stato scoperto in un rapporto omosessuale, nel 1993 l’omosessualità era ancora punita dalla legge, quindi nel 1997 con la stesura di un nuovo codice si parlò, per la prima volta, di uguaglianza di genere di fronte al reato sessuale. In Occidente le leggi erano simili.
Alan Mathison Turing è stato un omosessuale matematico, logico e crittografo britannico, considerato uno dei padri dell’informatica e uno dei più grandi matematici del XX secolo.
Il suo lavoro ebbe vasta influenza sullo sviluppo dell’informatica, grazie alla sua formalizzazione dei concetti di algoritmo nel calcolo elettronico
Fu anche uno dei più brillanti analisti di messaggi crittografati durante la seconda guerra mondiale, e grazie al suo lavoro fu possibile decifrare i messaggi inviati dall’esercito tedesco tramite la macchina Enigma.
Nel marzo 1952 Alan Turing fu arrestato per omosessualità e portato in tribunale, dove a sua difesa disse semplicemente che «non scorgeva niente di male nelle sue azioni». Condannato per omosessualità, fu costretto a scegliere tra una pena detentiva a due anni di carcere o la castrazione chimica mediante assunzione di estrogeni. Per non finire in prigione, lo scienziato optò per la seconda alternativa, ma la depressione, legata al trattamento e all’umiliazione subita, lo condusse al suicidio tramite una mela avvelenata.
Non c’è dubbio che le persecuzioni subite dagli omosessuali siano da considerare crimini abietti, ma non appare educativo indirizzare verso l’omosessualità le giovani menti di bambini e bambine condotti dalla scuola ad assistere a spettacoli teatrali di discutibile valore formativo e prive di alcun valore storico e scientifico.
Ed è proprio il valore educativo dello spettacolo “Fa’ afafine” che viene discusso nell’articolo intitolato ”La favola gender che non rispetta i nostri ragazzi”, pubblicato da Bologna Sette, un supplemento del quotidiano Avvenire. Il titolo, Fa’ afafine, deriva da una parola che nella cultura delle isole dell’Oceano Pacifico indica bambine e bambini dal sesso indefinito.
Nello spettacolo si narra la storia di un bambino, che non identificandosi in uno specifico genere sessuale, si veste un giorno da donna e un giorno da uomo.
Lo spettacolo prodotto dal Css di Udine con la regia di Giuliano Scampinato, in questi mesi viene presentato in diverse scuole, in alcune seguendo il Piano ministeriale dell’offerta formativa (Pof).
Molte famiglie hanno protestato contro lo spettacolo ritenendolo inadatto e fuorviante, non certamente valido per un pubblico di bambini e adolescenti in formazione, sottolineando anche che le figure dei genitori non sono presentate come guide comprensive, bensì come un ostacolo alla crescita psicologica del protagonista.
Negli anni in cui il Papa dice “Chi sono io per giudicare un omosessuale?” e giuridicamente, in tutto il mondo, si affermano i diritti dei gay e delle lesbiche, sembra quantomeno eccessivo costringere bambini ignari ad assistere a spettacoli inadatti all’età in quanto la tolleranza non può essere imposta, ma nasce dalla comprensione degli altri. Tale comprensione è il risultato dell’esperienza e dello studio, laico e religioso, e, a volte, la si raggiunge in età matura.
Per saperne di più:
https://www.chiesadibologna.it/avvenire-bologna-7.html
raffaeleiandoli.ilponte@gmail.com