LA B.P.C.O. (broncopneumopatia cronica ostruttiva) una patologia che BLOCCA IL RESPIRO
La broncopneumopatia cronica ostruttiva abbreviata a B.P.C.O. (oggi si usa spesso la terminologia inglese C.O.P.D= Chronic Obstructive Pulmunary Disease) è una malattia tristemente nota, tanto da essere soprannominata: la “mozza respiro”. Alla base è presente una scarsa funzionalità respiratoria causata dall’ostruzione bronchiale e da un progressivo restringimento delle vie aeree che ostacola il flusso dell’aria durante l’espirazione (ecco perché viene etichettata come “ostruttiva”). Nella realtà è proprio così: toglie il respiro a 210 milioni di persone nel mondo occidentale, con un aumento impressionante negli ultimi anni. Basti pensare che nel 2002 gli ammalati erano 65 milioni….soltanto!!! Sempre nel 2002 rappresentava la quinta causa di morte, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, e si prospettava un avanzamento al quarto posto nel 2030. I dati attuali fanno propendere purtroppo per il terzo posto assoluto. In Italia ne soffrono in tre milioni e la maggior parte è costituita da individui con diverse co-morbilità, fragili ed avanti negli anni. La broncopneumopatia cronica impatta pesantemente sulla qualità della vita di chi ne soffre perché le normali attività quotidiane non possono essere svolte prima di tutto per il necessario supporto di ossigeno che costringe l’ammalato ad una minima attività fisica e, poi, per le frequenti riacutizzazioni legate alle infezioni batteriche che si sviluppano velocemente perché i bronchi sono pieni di muco e che spesso conducono all’ospedalizzazione. Le colpe maggiori di questa patologia sono legate al fumo della sigaretta. Un tempo sette tabagisti su dieci ne erano affetti, oggi siamo a nove su dieci. C’è anche da considerare, oggi, l’inquinamento atmosferico, le polveri nell’ambiente di lavoro e le emissioni chimiche. Oggi è considerato importante fattore di rischio l’utilizzo di combustibili solidi in ambienti chiusi per la cucina e per il riscaldamento. Da non dimenticare l’importanza che viene data all’eta dei soggetti. Il 7% degli ammalati ha compiuto 50 anni, l’11% sessanta, il 50% settanta e più si sale con l’anagrafe e più sale anche la percentuale. E’ importante anche l’approccio alla malattia perchè i primi sintomi o le prime manifeste riacutizzazioni sono scambiate per “semplici bronchiti” che vengono considerate derivanti dal vizio inveterato del fumo o dall’invecchiamento del soggetto. Da quando si parla di costi in sanità le varie patologie si valutano anche per quanto si spende per assistere gli ammalati. Al Sistema Sanitario Nazionale un ammalato di B.P.C.O. annualmente costa il 92% di 2.700 euro, il resto va a carico del paziente. Ovviamente nella cifra è compresa l’ospedalizzazione che può essere, a seconda dell’età e delle co-morbilità, una o due volte l’anno. Proprio i ricoveri vengono considerati eventi inappropriati perché la patologia è cronica e le riacutizzazioni vanno in un certo modo prevenute adottando un’attenta gestione terapeutica in cui, però, la collaborazione del paziente, dei familiari o dei/delle badanti deve essere almeno attenta. L’evoluzione della malattia è lenta, ma progressiva e, soprattutto, irreversibile con associata perdita di efficacia dei muscoli respiratori. Alla perdita di forza muscolare si associa la ridotta tolleranza all’esercizio fisico, ed i soggetti con BPCO presentano difficoltà a respirare anche per sforzi di piccola intensità. Questo è fondamentalmente il motivo per cui per tutta la notte o per parte del giorno o per 24 ore di seguito questo tipo di paziente è legato alla bombola di ossigeno, con l’obbligo di “convivenza”. Dal punto di vista terapeutico qualcosa sta cambiando, perché oggi è possibile poter contare su efficaci presidi farmaceutici che consentono all’ammalato di B.P.C.O. di convivere meglio con la condizione di insufficienza respiratoria. Ben vengano terapie più efficaci che servono ad allontanare le recidive e ridurre i ricoveri ospedalieri. Nel trattamento della broncopneumopatia cronica ostruttiva vengono impiegati broncodilatatori, cortisoni e anticolinergici. A questo proposito dobbiamo citare uno studio importante pubblicato nel settembre scorso, denominato Salford Study nel quale ricercatori inglesi hanno utilizzato una delle ultimissime associazioni di corticosteroide inalatorio con il vilanterolo su 2.800 pazienti, la cui metà continuava ad utilizzare le terapie somministrate in precedenza con agenti muscarinici a lunga durata di azione (LAMA) in aggiunta a ICS (cortisone inalatorio) e LABA (beta-2-agonisti) e l’altra fetta di pazienti con cortisonico e vilanterolo (Ultra-LABA= Beta-2-agonista ad azione “ultra lunga”). Quest’ultimo gruppo ha visto ridursi le riacutizzazioni moderate/gravi in base annua dell’8,4%, ovviamente migliorando anche la qualità della vita e le ospedalizzazioni.
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