Probiotici, prebiotici e simbiotici nella terapia delle allergie
I batteri e i loro derivati sono generalmente considerati delle minacce per la salute e, contro di loro, giornalmente vengono studiati nuovi antibiotici.
Recenti ricerche hanno però dimostrato che alcuni batteri e particolari sostanze prodotte dal loro metabolismo possono aiutare a guarire da malattie allergiche e da malattie dell’apparato respiratorio.
Dall’inizio dell’era antibiotica, dai primi anni del secolo scorso, divenne subito chiaro che protratte terapie con tali farmaci potevano provocare disturbi intestinali dovuti alla distruzione di quei microbi buoni, la flora batterica intestinale, che hanno un ruolo importate nel corretto trofismo della mucosa intestinale. L’alterazione della flora microbica intestinale provoca un’alterazione dell’assorbimento e della motilità intestinale e, di conseguenza, la comparsa di diarrea che può essere curata, o prevenuta, con la somministrazione di fermenti lattici, dei microbi vivi che sostituiscono quelli buoni uccisi dagli antibiotici nell’intestino.
Da questo modello d’impiego terapeutico di batteri non patogeni per l’uomo sono nate una serie di ricerche che hanno condotto a identificare nuovi gruppi di farmaci.
Nel 1965 Lilly e Stillwell osservarono che alcune sostanze prodotte da particolari microrganismi erano in grado di stimolare, nelle colture da laboratorio, la crescita di altri batteri. Chiamarono queste sostanze probiotici, al contrario del termine antibiotico. L’organizzazione mondiale della sanità, nel 2001, ha definito i probiotici: ”microrganismi vivi che se assunti in adeguata quantità conferiscono un beneficio all’organismo”.
Nel 2009 il Ministero della Salute stabilì le linee guida per l’impiego clinico e le caratteristiche che devono avere tali farmaci. Tra queste vengono elencate la capacità di questi germi di rimanere vitali anche dopo aver attraversato l’ambiente acido dello stomaco e di riuscire ad aderire alla parete intestinale. Trattandosi di germi vivi devono essere riconosciuti dal sistema immunitario dell’organismo ospite, così da non avviare reazioni allergiche o autoimmunitarie, e devono essere privi di effetti collaterali anche nei pazienti immunodepressi. I ceppi maggiormente studiati e impiegati come probiotici sono quelli della specie Lactobacillus e Bifidobatteri. La ricerca sui probiotici indica che i potenziali effetti benefici sulla salute sono specifici per il ceppo di microrganismi studiati, e tali ceppi sono indicati con il nome del genere, della specie e con un codice alfanumerico che vengono specificati sulla confezione del farmaco.
La ricerca medica sui batteri intestinali non si arrestava, e nel 1995 Gibson e Roberfroid scoprirono degli zuccheri che stimolano la crescita dei batteri intestinali che, se distrutti dai farmaci antibiotici, possono essere ripristinati da tali sostanze. Per indicarle venne coniato il termine di prebiotici: sono oligosaccaridi (zuccheri) capaci di resistere all’azione degli enzimi gastrointestinali e, giunti inalterati nel colon, vengono adoperate come substrati nutritivi da alcuni batteri. Questi possiedono degli enzimi che scindono gli oligosaccaridi in molecole di zuccheri più piccoli che possono essere adoperati, da tali microrganismi, come fonte d’energia.
Le sostanze con dimostrata azione di stimolo su ceppi batterici selezionati sono decine, ma solo per alcune si hanno dati certi. Tra questi l’inulina ed i frutto ed oligo-saccaridi. Si tratta di zuccheri (polisaccaridi) presenti in molti alimenti. Ad esempio, l’inulina è uno zucchero presente in molti vegetali, formato dall’unione di molecole di fruttosio, che può essere estratto dalla cicoria con acqua bollente. Dalla scissione dell’inulina derivano molecole più piccole, dette oligofruttosi, formate da glucosio legato a un numero variabile di molecole di fruttosio. Queste sostanze non possono essere assorbite dalla parete intestinale, ma alcuni batteri della normale flora microbica intestinale, nel colon, possiedono la capacità di rompere i legami chimici tra le molecole di fruttosio, così da ottenere molecole di zuccheri più piccole che possono assorbire e adoperare come fonte alimentare d’energia riuscendo a moltiplicarsi e a incrementare il numero dei batteri intestinali utili all’organismo.
Le continue ricerche microbiologiche, sempre nel 1995, conducevano ad identificare un’altra strategia d’aiuto per questi microbi buoni, basata sui farmaci simbiotici.
-Per saperne di più:
Arunachalam K, et AA: Enhancement of natural immune function by dietary consumption of Bifidobacterium lactis. Eur J Clin Nutr. 2000;54:263-7.
(continua nel prossimo numero)
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