Spesi dal ministero dell’Ambiente 320 milioni di euro per lo sviluppo del verde cinese

La sezione di controllo della magistratura contabile, in 130 pagine, ha riscontrato, inviando tutto al pm della procura di Roma Aberto Galanti, delle anomalie e gestioni personali sulla spesa negli ultimi 15 anni  di 320 milioni di euro per migliorare l’ambiente cinese.
Il 19 ottobre 2000 viene firmata a Pechino una dichiarazione congiunta tra i ministri pro-tempore dell’ambiente italiano e cinese che dà vita al Sicp (Sino-italian cooperation program). Il progetto avrebbe permesso all’Italia, in parte, di rafforzare la propria immagine in tema ambientale.
Ma da una verifica disposta dall’Ambasciata di Pechino nel 2014, già dopo la suddetta dichiarazione vengono segnalate alcune anomalie. Il Sicp effettuava dei finanziamenti senza coinvolgere il Ministero degli Esteri con costi elevati dei progetti ambientali finanziati, con iniziative e convegni che vanno dal tracciamento delle acque contaminate all’edificazione di edifici verdi che sembrano “slegati da una logica strategica, mentre una parte rilevante delle spese viene giustificata in termini di costi di gestione, convegni, missioni, illustrazione di progetti, attività  di produzione d’immagine, molte altre risultano incomprensibili e di difficile ricostruzione”.
Secondo la Farnesina, “stante l’opacità che contraddistingue gli interventi e l’assenza di elementi relativi allo stanziamento complessivo, alcuni progetti sembrerebbero ipotizzati solo nella documentazione e mai concretamente eseguiti”. Dal 2014 il Ministero dell’Ambiente ha iniziato le sue ispezioni, perché fino  ad allora non aveva “l’esatta cognizione dell’attività in corso di svolgimento in Cina”. La Corte dei Conti avanza diversi dubbi sui progetti realizzati. Ad esempio, il caso del recupero energetico di un palazzo all’interno dell’Università di Shangai che dovrà essere la sede del Centro cinese italiano per la sostenibilità energetica. Costa 5 milioni 264mila euro. Sono stati pagati anche quattro consulenti italiani tra i 60 e i 120mila euro, che non figurano “né tra gli esperti convenzionati dal  Commercio Estero, né dall’elenco dei consulenti del Ministero”. Moltiplicate le spese di organizzazione e rappresentanza: “Una quota significativa (circa il 30%) delle risorse stanziate per i vari progetti è destinata a finanziare proprio l’attività di supporto e le spese generali di gestione del Pmo, organo di coordinamento operativo di tutti i progetti del Sicp”. Dalla documentazione risulta che l’impegno di spesa complessivo è stato di 320 milioni di euro, decisamente più elevato di quello, 185 milioni di euro,  delle dichiarazioni ufficiali. Da un certo momento in poi (dopo l’ispezione interna del Ministero),  l’intero programma sarebbe stato caratterizzato da una “gestione soggettiva e privatistica” da parte del Direttore Generale pro-tempore”, ovvero, dal Ministro dell’Ambiente Corrado Clini. I dirigenti hanno operato secondo le indicazioni impartite verbalmente di volta in volta”.
Ora la Procura di Roma valuterà ogni cosa e deciderà il da farsi.
alfonsosantoli.ilponte@gmail.com

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