Nuovi farmaci contro la depressione
La depressione è una malattia mentale ampiamente diffusa e in costante aumento. Ne soffrono sia giovani che anziani di qualsiasi classe sociale. Lasciato a se stesso, senza cure farmacologiche o psicoterapie, la malattia progressivamente evolve verso gradi maggiori d’inabilità al lavoro e ai rapporti sociali conducendo, a volte, alle più gravi complicanze della malattia quali l’alessitimia (assenza di percezioni sia piacevoli che dolorose), lo stato catatonico e il decesso per suicidio.
Molte volte la malattia viene confusa con la svogliatezza o l’apatia, che sono condizioni caratteriali provocate da fattori socio-familiari (bambini viziati, genitori iperprotettivi) e individuali che sono generalmente indicati come “debolezza caratteriale”. Un tale errore di valutazione può condurre a sottovalutare i sintomi di una invece grave e invalidante patologia.
Alcune volte la malattia segue a eventi particolarmente gravi sul piano emotivo, quali la perdita di un congiunto o un cambiamento di lavoro. In questi casi viene definita depressione “reattiva”.
Altre volte compare durante o dopo la gravidanza, in questo caso viene detta depressione “post-partum”.
Ma alcune volte non si riconoscono cause particolari all’origine della patologia. In questi casi sono i bassi livelli di serotonina a condizionare la comparsa e l’aggravamento dei sintomi.
Questa sostanza è una piccola molecola che il sistema nervoso adopera come neuro-messaggero, cioè come una sostanza capace di trasmettere un’informazione da un neurone a un altro. Nei punti di contatto tra una cellula nervosa e un’altra la natura ha posto degli enzimi (cioè dei demolitori chimici di altre molecole) capaci di scindere la serotonina in sostanze più piccole biologicamente inefficaci. Quando, come nella depressione, l’istamina si riduce, bisogna bloccare farmacologicamente l’azione di questi enzimi, così da far innalzare i livelli della serotonina nei punti di contatto dei neuroni, bloccando così la comparsa dei sintomi della malattia.
Purtroppo i farmaci che abbiamo a disposizione non sempre riescono a far migliorare i pazienti. In questi casi di depressione refrattaria alla cura l’aumento dei dosaggi, l’associazione di più farmaci e della psicoterapia possono essere inutili e il paziente continua a star male.
Recentemente, si sono aperte nuove possibilità di cura per questi malati. Sono stati, infatti, individuati dei nuovi farmaci in grado di agire più rapidamente. Come riportato in una recente ricerca pubblicata sulla rivista PNAS, si tratta di molecole che spengono un enzima in alcune regioni del cervello, riducendo così i processi infiammatori a livello cerebrale e riequilibrando il funzionamento dei neuroni.
Lo studio è stato condotto da Bruce Hammock dell’Università di Davis in California ed è potenzialmente importante, in primis perché queste nuove molecole hanno azione antidepressiva rapida, poi perché gli scienziati californiani hanno dimostrato che somministrandole ad animali prima di un episodio depressivo, esse hanno addirittura svolto un’azione preventiva. Non è la prima volta che si nota un legame tra processi infiammatori e depressione. Non a caso, si spiega nel lavoro, in passato taluni studi avevano evidenziato l’azione antidepressiva di alcuni analgesici e, al contrario, l’azione antinfiammatoria/antidolorifica di alcuni antidepressivi è di tale intensità da farli adoperare per calmare il dolore in particolari patologie quali, ad esempio, la nevrite post-erpetica.
In questo studio, gli esperti Usa hanno dimostrato su gruppi di topolini depressi l’azione di molecole che inibiscono l’enzima ‘epossido idrolasi in forma solubile’, in particolare l’efficacia dell’inibitore ‘TPPU’, che mostra un’azione antidepressiva nel giro di poche ore dalla somministrazione. Spegnendo l’enzima, TPPU protegge i grassi nel cervello coinvolti nella riduzione dei processi neuro-infiammatori e nel dolore neuropatico.
“La scoperta – si sottolinea nel lavoro – è importante anche perché l’enzima epossido idrolasi è coinvolto in diverse malattie infiammatorie sistemiche e neuro-infiammatorie, pertanto molecole sviluppate contro questo target possono essere utilizzate al di là della depressione”, cioè anche per il controllo dell’infiammazione e del dolore in tante malattie fino ad ora non curabili.
raffaele iandoli.ilponte@gmail.com