Giustizia e Politica
A nessuno di noi che abbia vissuto con curiosità questi ultimi anni è sfuggito lo scontro ricorrente (potrei definirlo ossessivo) tra politica e magistratura. Capitava ai tempi di Berlusconi, che si lamentava di una “giustizia ad orologeria”, succede, oggi, con Renzi ( e quasi tutto il PD) che parla di invasione di campo (nel terreno più propriamente politico) da parte dei giudici.
Eppure non dovrebbe essere così! I Costituenti vollero tenere ben distinte le prerogative e le responsabilità del potere giudiziario rispetto a quello legislativo ed esecutivo. Se, malgrado regole precise, la storia si ripete allora il problema è un altro.
La frase di Davigo, che ha fatto infuriare i politici, può aiutare a spiegare il fenomeno: “I politici non hanno smesso di rubare, hanno smesso di vergognarsi”. E poi: “Non ho mai pensato che tutti i politici rubino, anche perché ho più volte precisato che se così fosse non avrebbe senso fare i processi che servono proprio a distinguere”!
Ecco, a mio modesto avviso, il problema vero è questo: la Politica è, naturalmente (potrei dire “fisiologicamente”), oggetto degli appetiti, degli interessi e dei tentativi di corruzione, più o meno palesi, da parte di quelle forze economiche che mirano ad ottenere il massimo profitto dalle loro attività. Ciò avviene da sempre, ad ogni latitudine del pianeta ed in ogni periodo storico. Il problema, per una società democratica e liberale, è creare le condizioni affinché questo, che può ben definirsi un “sistema”, non diventi la regola e non determini le scelte di governo delle comunità.
Chi dovrebbe, prima di ogni altro, garantire ciò? La risposta è una sola: la classe dirigente, quella che viene democraticamente eletta dal popolo sovrano per governare.
E poi, come favorire la correttezza dei comportamenti da parte di quelli che gestiscono la cosa pubblica? Anche qui la risposta è semplice: facendo leggi che puniscano severamente i politici ed i funzionari pubblici che si lasciano corrompere; introducendo norme che possano rendere più difficile la corruzione (quelle finalizzate a prevenirla) ed infine, favorendo (e premiando) le forme di delazione che possano portare alla luce fenomeni corruttivi altrimenti nascosti.
Il sogno vero (la ciliegina sulla torta) sarebbe quello di poter leggere, dai giornali, la notizia di quel politico onesto, quel sindaco o presidente di regione, che ha denunciato un tale imprenditore o un tale mafioso che ha provato ad ottenere, con la forza, la minaccia o la promessa di indebiti vantaggi, ingiusti privilegi per sé o per le sue attività!
Quando la politica si lamenta della magistratura mi viene spontanea la domanda: ma quante volte abbiamo avuto notizia di inchieste, arresti e condanne provocate dalla denuncia da parte di uomini politici? Ecco: la politica “buona” ha mai qualificato la propria presenza proprio per aver denunciato i tentativi di corruzione di cui è venuta a conoscenza, caso mai anche in danno dei propri amici di partito? E se ogni volta che è stato scoperto un sistema corruttivo della cosa pubblica si è registrata la protesta dei politici, chi può meravigliarsi se la maggioranza dei cittadini li giudica “tutti ladri o compromessi con il malaffare”? Non solo, ma non sono proprio questi atteggiamenti, uniti alle notizie che trapelano dalle inchieste, a convincere i cittadini che tanti politici non sono “i corrotti” ma, addirittura, “i corruttori”?
Le parole di Davigo (hanno smesso di vergognarsi..) esprimono la preoccupazione di tante persone oneste: per il fatto che molti politici non sono, per niente, “angosciati” dalla certezza che i cittadini li considerano “tutti corrotti”! E fa male al Paese (ed alla Politica) il fatto che gli onesti, tra loro, non riescano a capire questo dramma…!
Perché, ovunque (tranne negli stati “a democrazia limitata”), i politici coinvolti in fatti di corruzione sono “espulsi” dai loro partiti: emarginati e puniti, moralmente prima ancora che giudiziariamente. In Italia, è storia vecchia, avviene il contrario: i politici scoperti a rubare sono considerati “vittime” del potere giudiziario e subito si invoca il principio giuridico secondo il quale nessuno può essere considerato colpevole fino alla sentenza definitiva di condanna! Che è un principio giuridico di valore assoluto, per stabilire la colpevolezza di chiunque, ma non ha la stessa valenza per chi svolge un ruolo pubblico ed ha il dovere di dimostrare una moralità, una correttezza ed un’onestà al disopra di ogni sospetto.
Perciò, le parole di Davigo sono solo l’auspicio ad un maggior senso di responsabilità della classe dirigente: nell’interesse dei politici onesti, i quali dovrebbero essere grati a coloro che li aiutano a scovare le mele marce!
Mi sia concesso, infine, esprimere un consenso anche per le parole del premier Renzi (se no una cara amica si lamenterà, perché lo maltratto): “Rispetto i magistrati ma aspetto le sentenze”!
Come non essere d’accordo! Ed allora, presenti un disegno di legge (utilizzando, se mai, la decretazione di urgenza) con la quale si fissino tempi e scadenze certe per portare a compimento le inchieste sui reati contro la pubblica amministrazione! Metta, cioè, i magistrati in condizione di arrivare alla sentenza di primo grado, nel giro di un anno dall’avviso di garanzia, creando una corsia prioritaria per quei reati. Poi, provi a portarla in Parlamento. Qui, forse, scoprirà che l’unica maggioranza possibile, per approvarla, potrebbe essere quella con il Movimento 5Stelle: sempre che il suo partito sia d’accordo con una proposta del genere….!
Ma questa è solo una bella utopia!
michelecriscuoli.ilponte@gmail.com