IL CONFESSIONALE NON è UNA TINTORIA

 

 

Una mail interessante, a commento della mia ultima nota, mi ha molto intrigato: “Non credi che il nostro modo di essere cristiani sia in qualche modo carente nella sequela dei principi evangelici? Vedi quante persone, la domenica, si accostano al sacramento della comunione, parla con i presbiteri e ti diranno che i confessionali sono vuoti, persino nell’anno giubilare. Se in una realtà piccola come la nostra ci si sforzasse di seguire il comandamento di Gesù (ama il prossimo tuo come te stesso) dovremmo essere inondati da una quantità di amore travolgente…!”
Debbo confessare che questo ragionamento mi ha messo in crisi sicché ho riflettuto a lungo su quelle accuse (che interpreto più come sollecitazioni e desideri) ed ho provato a capire!
Certamente, una parte di responsabilità sta nella mentalità (che potremmo definire pre-conciliare), ancora molto diffusa, che ci fa vedere la nostra religione come un insieme di “regole, divieti e pesi” e non come un momento di gioia nel seguire l’insegnamento cardine della nostra fede, quello che Papa Francesco ha definito “il primo annuncio”: “Gesù Cristo ti ama, ha dato la vita per salvarti, e adesso è vivo al tuo fianco ogni giorno, per illuminarti, per rafforzarti e per liberarti”. (Evangelii Gaudium n. 164)
Un altro ostacolo è il peccato del “si dovrebbe fare”, tipico dei cosiddetti “maestri”, gli esperti che sono pronti a giudicare e a dare suggerimenti senza mettersi in gioco in prima persona.
Poi, sono convinto che tante buone iniziative non riescono, ancora, ad essere conosciute ed apprezzate dalla comunità. C’è una certa reticenza (forse anche legittima) a parlare di sé stessi, a dire il bene che si fa! Perché potrebbe  apparire un vanto e perché, a volte, non siamo convinti di poter essere assidui nelle buone pratiche. Invece, dovrebbe essere il contrario: perché i buoni esempi servono più delle dotte lezioni e perché se riuscissimo a raccontarci nel bene potremmo trarre sostegno ed aiuto nei momenti di debolezza che ci portano ad essere egoisti o indifferenti.
Ed ancora, come non parlare della “sindrome del figlio maggiore”, della parabola del Padre Misericordioso, che ognuno di noi può, sinceramente, confessare di aver vissuto nella sua vita di credente? Ed infine, chi di noi (chiuso nelle sue comodità) non somiglia,  più spesso, al fariseo che si culla della puntuale osservanza  delle regole e dei precetti, rispetto al pubblicano che si affida con sincerità alla Misericordia del Padre perché sa di aver peccato?
Vorrei che qualcuno, più bravo di me, ci aiutasse a capire meglio! Ma non con una lezione di teologia morale o con un saggio di pastorale! Piuttosto, raccontando fatti, ricordando esempi, segnalando iniziative, provando a riflettere persino sugli insuccessi e sui fallimenti (che sempre ci sono)  che dovrebbero aiutarci a non ripetere gli stessi errori!
Un amico, molto preparato, suggeriva di leggere la vita dei Santi! Per convincerci che, spesso, non c’è niente di eroico da fare, che la quotidianità può offrire mille occasioni di Carità e che persino l’errore (o il peccato) può servire a farci avvicinare a Dio, nel momento della riconciliazione, per cambiare radicalmente la nostra vita!
Ecco, quello della “riconciliazione” è, forse, il sacramento meno apprezzato! Perché, come segnalava un presbitero, siamo abituati alla confessione “a volo a volo”. Perché, immaginando che essa sia, solo, la precondizione per accostarci all’Eucarestia, spesso ce ne serviamo “come se il confessionale fosse una tintoria”! Che belle le parole del Papa per censurare questa brutta abitudine:“è un esempio per far capire l’ipocrisia di quanti credono che il peccato sia una macchia, basta andare in tintoria perché te la lavino a secco e tutto torni come prima … ma il peccato è più di una macchia .. è una ferita, va curata, medicata..!” (cfr Il nome di Dio è Misericordia).
Tornando alle osservazioni del nostro lettore, che aggiungere? Certamente, c’è ancora tanto da fare. Sicuramente, va migliorata la sensibilità, individuale e comunitaria, rispetto all’annuncio evangelico. Probabilmente, alcune occasioni meriterebbero una più convinta partecipazione. Ma queste consapevolezze non debbono scoraggiarci né farci ergere a giudici dei presunti errori degli altri!
Non a caso, il Santo Padre ci sollecita a metterci in cammino per le vie del mondo, per incontrare gli ultimi: curando, prima di tutto, la qualità del nostro personale impegno, per dedicarci alla ricerca dei percorsi comunitari e missionari finalizzati al bene comune.
Sembra quasi che abbia fretta di dire (alla Chiesa e ad ognuno di noi)  tutto quello che ha nel cuore, come se temesse di non avere a disposizione il tempo necessario! A noi tocca solo provare a seguire le Sue sollecitazioni: può  essere l’inizio per poter diventare dei  buoni cristiani ! E può, persino, accadere che i cattolici (i giovani, soprattutto) riscoprano la vocazione alla Politica, la più alta forma di Carità. Non sarà mai troppo tardi!

michelecriscuoli.ilponte@gmail.com

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