UN PROGETTO PER LA CITTA’
“Al Corso di Avellino sarebbe stato opportuno creare delle aiuole invece di vasi per contenere le piante. Costringere così la natura non è bello, nonostante la scelta delle specie sia stata fatta con criterio, come potremo osservare in primavera. Ci avrei visto un migliore inserimento del verde, anche perché sono convinto che sia la natura a dover dettare le regole del gioco, anziché il contrario. Sono per un’architettura più naturalista.”
Questa frase fa parte di un accurato servizio giornalistico pubblicato da questo settimanale nel 2011, cinque anni fa eravamo praticamente gli unici a dedicare un’intera pagina sull’arredo urbano installato al Corso Vittorio Emanuele della città capoluogo. Allora sembrava che la scelta facesse discutere solo noi e la gente che avevamo intervistato per un sondaggio. Nessuno degli interpellati, circa 95 persone, si era espresso a favore di quegli ombrelloni in metallo, caldi d’estate e freddi d’inverno, corredati da una sorta di tenda che, una volta chiusa, faceva somigliare la struttura ad una sorta di cabine doccia. Era anche sbagliata la scelta estetica oltre che del materiale: acciaio satinato. Un netto contrasto con le classiche luci di stampo classico. A partire dal 2013 i media hanno dato per imminente la rimozione delle strutture al Corso. Questa volta sembra che sia quella buona: sembrerebbe, infatti, imminente una nuova sistemazione, speriamo migliore! Nel frattempo ci chiediamo: chi pagherà per aver speso tanti soldi, gettandoli praticamente al vento? Lo spreco di risorse economiche non è mai cosa buona, ma in questo periodo un uso non ottimale dei soldi pubblici risalta ancora di più. Nel giornale, in quel periodo, trovarono spazio anche le altre installazioni contemporanee: Piazza Kennedy, con le corde, per le piante rampicanti che non sono mai salite in alto; Piazzetta Perugini, con l’asilo Pedicini, voluto dall’indimenticato don Michele Grella, che si è improvvisamente ritrovato su di una strada a scorrimento veloce, a cui si aggiungono altri angoli della città, tutti infelicemente “sistemati”.
Da allora Avellino non è più stata la stessa: niente più stile, né immagine definita ed omogenea, ma soprattutto niente più verde!
Secondo LEGAMBIENTE, già nel 2010 Avellino era fanalino di coda nella Regione Campania per la quantità di verde pubblico, con una distribuzione di soli 7,2 metri quadri per abitante.
Secondo il rapporto ISTAT la densità di verde urbano relativa ai capoluoghi di provincia, in Italia veniva valutata in media pari al 9,3%. Al disopra di questo dato si ponevano, al momento della rilevazione, 31 Comuni. Avellino era in coda, appena sopra Taranto e Olbia, con un 2,1%, nonostante l’aumento dalla rilevazione precedente che riportava un 1,7%, a causa dell’apertura del Parco di Santo Spirito, con i suoi 120.000 metri quadrati di verde attrezzato. I dati Istat parlano di una distribuzione di 11,36 metri quadri per abitante ad Avellino, contro una media nazionale di 106,4. Eppure, se andiamo alle normative vigenti (vedi Legge 74 del 1967) siamo pienamente nei limiti di legge.
Rispettiamo i riferimenti legislativi e le opinioni acquisite con i sondaggi ma la realtà è sotto gli occhi di tutti i cittadini: non c’è spazio verde pubblico e quello che c’è non risulta fruibile. Visitate i giardini di Piazza Kennedy (ex Macello), noterete rifiuti, cani che scorrazzano in libertà. Siamo al centro della città, se ci spostiamo nelle periferie la gravità dello stato è ancora peggiore.
Il Parco Santo Spirito doveva essere il fiore all’occhiello ma al momento, anch’esso, si presenta in pessime condizioni, esistono tratti dove abbondano pericoli: pietre taglienti e ferri arrugginiti.
Avellino è inoltre una città senza Wi-Fi e senza piste ciclabili. Non siamo connessi (al resto del mondo) e costretti ad andare a piedi, o ancora peggio a restare in casa in attesa che arrivi l’estate, per andare in vacanza, una piccola tregua che ci ripaga di un lungo periodo vissuto “al buio”.
Verrà mai la stagione della rinascita culturale, sociale ed urbanistica per Avellino?
Mario Barbarisi