la biopsia in dermatologia

 

 

Se nel visitare un paziente si scopre una macchia scura sulla pelle grande circa 6 mm (come la grandezza di un fagiolo), per sapere se è un tumore (melanoma? Carcinoma pigmentato?) cosa è possibile fare, come si può procedere?
(A)incidere ed asportare tutta la parte interessata per farla analizzare (vedi foto).
(B) Ritagliare 2 o 3 millimetri (la grandezza di una lenticchia) e lasciare gli altri tre millimetri per fare poi un altro “intervento” come potrebbe forse suggerire qualche “sanitario”.
Tagliare solo metà lesione (3 mm- quanto una lenticchia), come “qualcuno” potrebbe pensare di fare, significa lasciare in sede tessuto potenzialmente neoplastico da cui potranno andare in circolo cellule tumorali e dare metastasi, occorrerà mettere punti di sutura, prescrivere antibiotici per prevenire infezioni, e costringere il paziente a non lavarsi, non fare sport né viaggiare per 7 – 15 giorni per evitare che i movimenti strappino i punti di sutura. Poi si dovrà richiamarlo in ospedale, si taglieranno i 3 mm di cute malata precedentemente lasciati, si rimetteranno nuovi punti di sutura, si ri-prescrivono antibiotici e riposo fino alla rimozione della nuova sutura. In cambio la Regione pagherà un day-surgery in  euro secondo una tabella dedicata allo scopo.
Viene da chiedersi se un tale comportamento sia professionale o al limite del codice etico?
A voi, attenti lettori, la risposta! Nel frattempo la lesione è stata asportata completamente (“con un atto chirurgico di ben sei mm.- la grandezza di un fagiolo !!!”).
È invece ovvio che difronte a una lesione di 20 o 30 centimetri quadrati si asporterà solo una parte della malattia e solo dopo la conferma istologica di neoplasia si eliminerà tutta la malattia. Anche per aree anatomiche particolari, come le guance o le labbra, si segue lo stesso principio conservativo asportando solo una piccola parte della lesione e poi, avuta la risposta dell’esame istologico, si decide come trattare la restante lesione. Ma togliere solo una piccola parte di una piccola lesione sulla schiena per poi reintervenire (sfruttando le tabelle  di rimborso della Regione) sembrerebbe assomigliare più ad una procedura da campo delle torture che da medici ospedalieri.
Ma che cos’è una biopsia?
Quando sulla base di osservazioni cliniche, radiologiche o strumentali, si pone il sospetto di una malattia a volte è necessario confermare tale sospetto con un esame di laboratorio, l’esame istologico, che dia la certezza del tipo di patologia (benigna o maligna) e che consenta di definirne con precisione le caratteristiche (gravità, estensione, quindi possibili terapie). La biopsia viene eseguita al fine di escludere o confermare un sospetto di malattia (ad es. infiammazione, infezione, degenerazione  o tumore), cioè di arrivare a una diagnosi istologicamente certa. Si esegue incidendo con il bisturi la lesione che verrà messa in una provetta contenente formalina ed inviata al laboratorio di Anatomia Patologica (che nella Città Ospedaliera è sito al piano terra).  Quindi si chiuderà la ferita con dei punti di sutura e, per evitare infezioni, si prescriveranno degli antibiotici. Il paziente dovrà poi muoversi il meno possibile per evitare che la ferita si apra per cedimento della sutura (deiscenza). Bagno o doccia saranno possibili con cerotti particolari in vendita nelle farmacie a circa quindici euro. Tale procedura sarà da ripetere in caso di secondo intervento, con nuovo dolore, sanguinamento e rischio d’infezioni.
I In molte malattie, in particolare in quelle tumorali, la biopsia, oltre a fornire la diagnosi, può fornire informazioni sulla prognosi, ovvero sul prevedibile decorso della malattia e durata della vita, di conseguenza in tutti i casi occorre prelevare una quantità di tessuto adeguatamente ampio sia per consentire una analisi approfondita da parte dell’anatomopatologo (il medico specializzato nell’analisi dei tessuti ed organi), sia per l’esecuzione di metodiche speciali spesso indispensabili per giungere alla diagnosi (immunoistochimica, colorazioni specifiche per patologia o tessuto).
Nelle biopsie cutanee, il campione bioptico deve essere sufficientemente ampio da consentire l’allestimento di molti vetrini (studio seriato della lesione) ampliando così, il più possibile, l’area della malattia da analizzare.
Più ampia e profonda sarà la biopsia, minore sarà il margine d’errore. In caso contrario avremo risposte istologiche quali “campione non idoneo all’esame” o “campione di dimensioni non adeguate per la definizione diagnostica”. In questi casi bisogna ripetere l’intera procedura con nuove pene per il paziente  (incisione, dolore, punti di sutura) ed aggravio della spesa a carico del Sistema Sanitario Nazionale.
La biopsia con la quale si asporta solo una parte del sospetto tumore è detta incisionale. In dermatologia viene riservata a quelle lesioni ampie, localizzate in sedi particolari quali le guance o le palpebre, zone nelle quali una eventuale cicatrice potrebbe comportare degli esiti non solo estetici ma anche funzionali.
L’asportazione completa della lesione è detta biopsia escissionale. Questa segue calendari di prenotazione ospedaliera diversi dalle escissioni da praticare in Day-Surgery in quanto si tratta di una procedura ambulatoriale che non richiede il ricovero che va riservato, secondo la normativa regionale, a lesioni di grandezza di gran lunga superiore a quella di un fagiolo.
Nei mesi in cui ho lavorato in Africa, presso le due Missioni Cattoliche dei Padri Redentoristi, ho avuto modo di praticare numerose biopsie, in un ambiente in cui è facile che una ferita si infetti e dove è difficile reperire antibiotici, riuscendo solo grazie a questo metodo a diagnosticare e curare tumori che sulla pelle nera sono difficili da distinguere da una banale macchia. In tali situazioni limite, per un medico occidentale, la biopsia costituisce una procedura insostituibile.

Raffaele Iandoli
raffaeleiandoli.ilponte@gmail.com

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