L’ACQUA IN IRPINIA AI PRIVATI! E IL REFERENDUM DEL 2011?
L’incontro tenutosi lo scorso venerdì al Centro Sociale di Avellino, organizzato da SEL, per discutere della legge Regionale sul riordino del Servizio idrico, ha fatto registrare un’inaspettata presenza: la sala era gremita, con tanta gente che non ha trovato posto a sedere; non c’erano solo gli addetti ai lavori, ma tanti cittadini desiderosi di partecipare. Ed è forse questa la novità che risalta maggiormente: in questa provincia si discute poco dei problemi reali, e ciò accade anche perché i cittadini non si sentono sufficientemente coinvolti. Partiti e associazioni assumono da tempo iniziative autoreferenziali, le segreterie politiche sono, in gran parte, chiuse e affaccendate in questioni lontane dalle esigenze del territorio e della popolazione che vi abita.
Del resto è alquanto singolare che si stia consumando, in queste settimane, un passaggio epocale, con la fusione di Alto Calore e GESESA/ACEA, senza interpellare tutte le forze politiche, a cominciare dai Sindaci che sono soci di Alto Calore Servizi.
Per non parlare della fuga in avanti di alcuni esponenti sindacali sostenuti da una parte del Partito Democratico, in linea con quanto stabilito dalla Legge Regionale targata De Luca. A leggere bene l’impianto della legge si comprende che il disegno è lo stesso che tracciò Caldoro durante la sua presidenza. Ed ora si apprende che scende in campo anche la Provincia, convocando un incontro istituzionale. Voglia di passerella o di affrontare il problema in un territorio dove si è fatta razzia di ogni bene e risorsa?
Accade così che anziché recuperare la “presa” delle acque irpine operata dall’Acquedotto Pugliese, in cambio di nulla, si cedono tutte le risorse ad una società minoritaria di Benevento che nasconde alle spalle l’ACEA, e possiede numeri ridicoli al cospetto di Alto Calore Servizi: appena 13 Comuni gestiti, contro i 126 di ACS, e 45 dipendenti. GESESA riceve, inoltre, e non è un dettaglio, un congruo sostegno economico dalla Regione, che si fa carico da anni delle spese di distribuzione, mentre ACS spende ben 16milioni di euro di energia elettrica per il funzionamento degli impianti di sollevamento. Perché tanta fretta? Perché chiudere subito la partita? Che interessi ha ACEA a comprare i debiti accumulati da Alto Calore? Forse il nuovo soggetto potrebbe estendere, in virtù delle “grazie politiche”, i benefici anche ad Alto Calore, eliminando gran parte dei costi e aumentando i ricavi grazie ai progetti di riammodernamento delle reti idriche e degli impianti: saranno presto disponibili molti finanziamenti!
Dopo lo sfacelo del CGS, chi salvaguarderà i livelli occupazionali di Alto Calore Servizi, la Società che con la trasformazione del 2003 ha subìto dalla politica ogni violenza possibile, riuscendo, ciononostante, a garantire sempre il Servizio Idrico, dando prova di competenza ed affidabilità?
Sono tanti gli interrogativi a cui dare una risposta. Questa volta la politica non potrà sottrarsi e lo stesso vale per i sindacati: nel 2003 la scissione fu voluta con l’ausilio di consulenze prestigiose, si ritenne che il passaggio in SPA fosse un atto dovuto. Allora si disse che ACS dovesse diventare una Multiutility e alla fine, invece, è stato solo uno spreco di tempo e di risorse.
C’è stato in questo lungo lasso di tempo anche spazio per “l’opposizione”, fu così che a Corso Europa si è avuta la guida di D’Ercole, ritenuto l’oppositore della maggioranza, ha guidato l’azienda promettendo risanamento e oculata gestione, dimostrandosi, invece, non all’altezza del compito: contributi ed elargizioni varie, che neanche le precedenti gestioni avevano osato fare. Addirittura un film e iniziative per promuovere l’immagine, senza dare evidenza! Si narra, tra i corridoi, anche di fatture di acquisto per “regali”.
E pensare che D’Ercole, anni prima, dagli schermi dell’emittente privata PRIMATIVVU’, in una trasmissione autogestita, osava pronunciare la parole Ladri associandola ad Alto Calore.
La presenza di D’Ercole a Corso Europa ha fatto aumentare il debito e perdere le speranze di ripresa. E’ vero che siamo in democrazia, ma la stampa dovrebbe sapere che non è proprio necessario porgere il microfono per ascoltare il parere di tutti, specie se si tratta di persone che hanno evidenti responsabilità, e poi per dignità professionale è consigliabile almeno evitare la domanda a piacere a cui segue la risposta di comodo. E’ anche per avallare, tacitamente, il “sistema” che questa provincia si sta svuotando di giovani energie diventando ogni giorno più povera, tristemente povera, di risorse finanziarie, di idee e di valori autentici.