IL MIELE: I SUOI BENEFICI SULLA SALUTE UMANA
Quasi duemila anni prima di Cristo, gli Ittiti, popolo bellicoso indoeuropeo, concentrato nella parte centrale dell’odierna Turchia ed in uno spicchio della Siria, utilizzavano l’unico alimento zuccherino dell’epoca che chiamarono “melit”, l’odierno
miele. Si è scoperto di recente che il principale nostro dolcificante era già noto quattromila anni prima degli Ittiti, per via
di ritrovamenti di parti di alveari in legno dell’epoca. Si è poi scoperto che la medicina Ayurvedica indiana aveva conosciuto
il miele duemila anni prima degli Ittiti, tanto da utilizzarlo per ogni esigenza come dissetante, purificante, afrodisiaco, detossicante, regolatore intestinale e cicatrizzante per la cute. Erano stati in seguito gli Egiziani a creare la figura dell’apicultore, che seguiva la fioritura delle piante per poter sfruttare la “passione” delle api per il nettare. Nelle varie piramidi ed accanto a tantissime mummie sono stati trovati vasi ricolmi di miele, per rendere il viaggio nell’aldilà quanto più dolce possibile. In uno di questi vasi, con la prova del Carbonio 14, è stato datato il miele contenuto: 3.300 anni, tanto da essere considerata la più antica confettura del mondo. Seguono a ruota i vasi di bronzo, sempre pieni del divino nettare degli dei, della tomba sibarita di Paestum con i suoi 550 anni prima di Cristo. La conoscenza e le abitudini di utilizzo del miele derivavano agli abitanti di Paestum direttamente dalla Grecia, anche perché Sibari era una colonia dei Dori i cui discendenti, dopo la sconfitta
nella guerra contro Crotone (dove Pitagora parlava di miele quale elisir di lunga vita), si spostarono nella valle della foce del Sele fondando Poseidonia, poi Paesto, che i Romani ribattezzarono appunto Paestum.
Abbiamo detto che gli antichi Egizi usavano il miele come compagno “nell’ultimo” viaggio, ma i loro medici lo utilizzavano
come medicamento per le difficoltà digestive e come crema per ferite ed ustioni. I Sumeri lo utilizzavano soltanto nella cosmesi.
Cosa strana, ma anche motivo per cui il mondo ha sempre ammirato questo popolo per essere antesignano di tante
scoperte. Infatti, oltre alla scrittura cuneiforme, costruirono le prime città abbandonando i villaggi, i primi argini per i fiumi,
inventarono i primi sistemi di bonifica delle paludi, l’astonomia, e divisero, inoltre, l’anno in dodici mesi e l’ora in 60 minuti.
Abitavano la Mesopotamia, il territorio tra il Tigri e l’Eufrate 4.000 anni prima di Cristo e dividevano il territorio
(l’attuale Iraq) con i Babilonesi che il miele lo usavano sempre sia per cucinare e sia per dono come dolce. Nel Codice di Hammurabi i babilonesi inserirono il miele tra le sostanze tutelate dai furti, tanta era la considerazione di esso. A Roma il miele veniva fermentato e dava una sostanza detta idromele. Questa veniva fatta bere ai cavalli al posto dell’acqua, perché considerata doping ed era utilizzata per truccare le corse con le bighe nel Circo Massimo. I dopatori importavano la preziosa
sostanza da tutto il Mediterraneo, ma specialmente dall’odierna Malta, chiamata per questo motivo l’isola Mailat
(terra del Miele). Il miele fino al 1800 harappresentato una fetta importante per la quota dei carboidrati assunti dall’uomo con
la dieta. Secondo la biochimica, i carboidrati costituiscono l’80% del miele ed il restante 20% è costituito da acqua e micronutrienti e senza nessun tipo di grassi. Tra i nutrienti sono ben presenti in percentuale i polifenoli, che sono importanti
antiossidanti. Spesso si usa il mielecome dolcificante, poiché, in rapporto a prodotti simili di tipo naturale (saccarosio)
o artificiale (aspartame), possiede meno calorie. Dal punto di vista nutrizionale, il miele ha un indice glicemico bassissimo,
tanto è vero che rappresenta una giusta alternativa ad altri dolcificanti che hanno un indice più alto. Oggi non sarà più considerato un elisir di lunga vita, ma ha una serie di dimostrati effetti benefici sulla salute umana. I suoi effetti batteriostatici e
battericidi sottolineano la sua attività antibatterica. A livello dell’apparato digerente svolge un’azione di tipo probiotico, favorendo e stimolando la crescita selettiva dei bifidobatteri. Questi ultimi sono considerati i più importanti per la salute dell’intestino umano, perché ne migliorano l’ambiente ed aiutano a mantenere il sistema immunitario
sano, ristabilendo l’equilibrio della flora batterica, dopo problematiche gastrointestinali che possono essere scaturite
anche dopo terapie a base di antibiotici. Altra azione particolarmente “benefica” è quella antinfiammatoria e di miglioramento
della funzione endoteliale dei vasi, tanto da essere considerato un importante protettore a livello cardiovascolare. Sono
stati pubblicati i risultati di alcune ricerche in cui è stata ipotizzata un’attività antitumorale del miele, in quanto quest’ultimo contiene flavonoidi, superpotenti antiossidanti che annullano la presenza nel nostro organismo dei radicali liberi,
lasciandolo sano, per quanto possibile, ma anche svolgendo il ruolo di antinfiammatorio. In natura esistono 4.000 flavonoidi che fanno comunque parte della più vasta famiglia dei polifenoli, gli antiossidanti che si trovano nel vino e nell’olio,
capaci di essere antinfiammatori, antiallergici ed antibatterici. Per dirne una: va ricordato che a sconfiggere il terribile scorbuto sono stati i flavonoidi, che sono principalmente contenuti nella barbabietola, nei mirtilli, nelle bacche di sambuco, nel tè
verde, nell’uva rossa, nel pompelmo, nei cavoli, nelle arance, nei limoni e nei lamponi. Nella dieta per diabetici il miele è
utile perché influenza positivamente la risposta glicemica, soprattutto nel diabete mellito di tipo 1, incrementando a digiuno
la C-peptide e migliorando anche l’assetto lipidico. Il complesso aminoacidico della Cpeptide serve a definire quanta insulina
endogena viene ancora prodotta nel diabetico e se è presente insulino-resistenza. In conclusione, il miele va bene per tutte
le stagioni e per tutti gli individui, con la sola eccezione dei bambini al di sotto di dodici mesi in cui c’è il divieto assoluto, per
non incappare nel potenzialmente letale botulismo infantile. Questa patologia è dovuta al Clostridium botulinum, le cui spore
si trovano nel terreno, negli sciroppi di mais e nel miele. Quest’ultimo potrebbe essere contaminato dalle spore provenienti
dal terreno, da qui la necessità di non utilizzarlo nella primissima infanzia.
Gianpaolo Palumbo
gianpaolopalumbo.ilponte@gmail.com