L’imiquimod nella terapia del melanoma
L’imiquimod è un farmaco preparato sotto forma di crema, introdotto in Italia negli anni ’90 per la terapia dei condilomi acuminati (verruche genitali-perianali), una malattia provocata da un virus e sessualmente trasmissibile. Successivamente, per la sua capacità di stimolare il sistema immunitario, è stata approvato dalla FDA statunitense per il trattamento del carcinoma basocellulare superficiale e della cheratosi attinica. In precedenza è stato riportato il suo impiego con successo anche nella terapia di lesioni pigmentate della cute di natura non maligna. Un recente studio ne propone l’impiego nei casi in cui, sui margini delle incisioni chirurgiche effettuate per l’asportazione di melanomi superficiali, all’esame istologico risultino ancora presenti i segni del melanoma in situ.
Il melanoma maligno è un tumore cutaneo altamente invasivo, che si presenta sulla pelle come una lesione pigmentata che da piccole dimensioni, nel tempo, può raggiungere dimensioni notevoli. Quando le lesioni sono piccole, il melanoma può essere anche poco profondo; in questo caso viene definito melanoma in situ. Questo termine indica tumori di piccolo spessore, anche se di diametro variabile, che, non raggiungendo i vasi ematici e linfatici più profondi, non possono dare metastasi. Ma, se non asportati, possono aumentare sia di spessore sia di diametro radiale divenendo, in fase avanzata, capaci di diffondersi metastatizzando in altri organi. Quando il melanoma è ancora in situ, è facile asportarlo e giungere alla completa guarigione. Alcune nuove applicazioni per telefoni cellulari aiutano nella diagnosi precoce e nella memorizzazione delle immagini.
Gli smartphone si stanno evolvendo rapidamente e, da semplici apparecchi per la comunicazione e l’intrattenimento, attualmente includono applicazioni specializzate che ci aiutano in molte attività della vita quotidiana. È oggi disponibile un’ampia gamma di applicazioni per aiutarci ad esempio a monitorare la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna, oppure a tenere traccia delle lesioni pigmentate della pelle, fotografandole e memorizzandole. Altri programmi controllano l’esercizio fisico svolto quotidianamente, per gestire la perdita di peso. Inoltre, due medici statunitensi su tre fanno già uso di applicazioni sanitarie da smartphone nella propria pratica clinica, per gestire diverse condizioni. Alcune applicazioni sono state valutate dalla FDA, come quelle che assistono nella gestione del diabete, nel monitoraggio della terapia anticoagulante e dell’epilessia. Le applicazioni dermatologiche sono utili a tutti, per l’autoanalisi delle condizioni cutanee, e agli specialisti per il controllo in epiluminescenza delle lesioni pigmentate della cute e dei margini d’incisione chirurgica dell’immediato post-intervento.
E’ stato recentemente descritto il caso relativo ad una donna di 75 anni con un melanoma primario, che è stato rimosso tramite una incisione chirurgica ellittica con un margine di sicurezza di 1 cm. L’esame istopatologico ha rivelato che 3 margini erano ancora coinvolti da melanoma in situ residuo.
Piuttosto che sottoporsi ad una ulteriore escissione, la paziente ha deciso di seguire un approccio non chirurgico con imiquimod topico. A un controllo istologico effettuato dopo 4 mesi, è risultata completamente guarita senza alcun segno clinico di recidiva del tumore.
In alcune specifiche situazioni, l’uso dell’imiquimod potrebbe rappresentare, almeno stando ai dati di questo lavoro, un approccio alternativo ragionevole per la gestione del melanoma in situ con persistente positività istologica dopo l’intervento chirurgico, ma è necessario un monitoraggio a lungo termine per valutare i segni di recidiva e il successo di questo trattamento non chirurgico.
Tutto ciò che si dimostra d’aiuto per combattere i tumori maligni apre nuove speranze per i pazienti, ma richiede una attenta valutazione statistica. L’impiego d’immunostimolanti topici da adoperare nel post intervento può essere d’aiuto, a condizione che l’asportazione chirurgica sia stata sufficientemente ampia in correlazione alla stadiazione istologica della neoplasia. L’integrazione del lavoro del dermatologo, del chirurgo e dell’anatomopatologo, tre persone diverse con tre specifiche competenze, rappresenta l’unica via sicura per l’approccio scientifico a queste serie malattie.
Per saperne di più:
Ochsner J. 2015; 15(4): 443–447.
Raffaele Iandoli
raffaeleiandoli.ilponte@gmail.com