DIMENTICARE FA BENE AL CERVELLO

DIMENTICARE   FA   BENE  AL  CERVELLO

Si è sempre detto che gli occhi vedono ed il cervello ricorda. Ricorda…. subito con la memoria a breve termine che va da pochi secondi ad ore, con quella a lungo termine da ore a sei mesi e quella poi a permanenza che va da mesi a tutta la vita. Ci sono soggetti che ricordano tutto e chi invece compie un’impresa per districarsi tra nomi e numeri di telefono. Ad aiutare tutti ci pensa la dimenticanza, caratteristica positiva della nostra mente, perché la buona memoria è in realtà il giusto equilibrio tra ricordo ed oblio. Non è vero, quindi, che l’oblio è tutto negativo e di positivo c’è sempre e solo la memoria.
Una volta si pensava che i ricordi cadessero lentamente nell’oblio e con l’andar degli anni potessero totalmente scomparire dai nostri circuiti cerebrali. Fu Sigmund Freud a teorizzare che i ricordi sgradevoli venivano repressi da alcuni meccanismi cerebrali profondi e che la dimenticanza di essi era una sorta di vera e propria azione positiva dell’inconscio.
Ovviamente stiamo parlando di cervelli integri o quasi perché se iniziamo a discernere su dimenticanze legate a demenze varie o a Morbo di Alzheimer, allora in questi casi ci si dimentica anche di familiari e di accadimenti fondamentali della vita di una persona.
Oggi si è scoperto che dimenticare è un meccanismo attivo che getta via i ricordi non voluti. Se in una stanza c’è una libreria piena di libri per far posto ad altri nuovi bisogna spostare in altre librerie o in cantina quelli già letti o studiati. I libri che ci hanno dato una emozione o ci sono particolarmente piaciuti per i sentimenti emozionali provati nel leggerli, rimangono nello scaffale. In realtà è sempre così: quando si è invitati a ricordare qualcosa della propria vita, tutti riportano a galla solo i ricordi belli e quelli negativi non esistono, come se fossero stati cancellati perché “pesano” troppo e sono difficili da…sopportare.
La dimenticanza diventa una forma di equilibrio mentale che ci aiuta a liberarsi di cose sgradevoli ed a non provare più emozioni negative. Secondo il Professor Anderson esistono due meccanismi deputati a cancellare i ricordi: la soppressione e la sostituzione. La “soppressione” o “soppressione diretta” blocca i ricordi nell’ippocampo, la parte del cervello deputata alla formazione della memoria. La “sostituzione” non è altro che rimpiazzare il ricordo sgradevole con un altro piacevole.
Gli scienziati si stanno dando da fare per costruire qualcosa che faccia diventare i brutti ricordi solo dei…ricordi, anzi il ricordo del nulla con sperimentazione delle pillole dell’oblio, con elettroshock particolari e con depolarizzazioni delle sinapsi. Già da tempo, però, gli studiosi dei disturbi post- traumatici lavorano per fare in modo che i brutti ricordi non tornino alla mente e condizionino negativamente la vita di un uomo, con le fobie, le paure e gli orrori che possono tornare a galla e condizionare comportamenti ed emozioni.
Sono italiani i due studiosi che sono all’avanguardia nel settore: il Professor Antonio Onofri dell’Ospedale Santo Spirito di Roma e la Professoressa Isabel Fernandez, Direttrice del Centro di Psico-traumatologia di Milano, che con i propri gruppi di lavoro stanno studiando come neutralizzare l’impatto emotivo degli eventi traumatici che hanno visto i loro “assistiti” in veste di attori attivi o passivi. L’interesse dei super specialisti italiani va nel senso di creare un processo di “desensibilizzazione” che annulli la rielaborazione del ricordo. Questo processo deve essere adottato in un periodo che non superi le sei ore dal trauma e che serve a non far “depositare” il ricordo sgradevole. Per quanto riguarda la chimica del ricordo ci sono in gioco tutta una serie di reazioni e tra queste “l’inondazione” del cervello da parte dell’adrenalina che rende indimenticabili certi ricordi. E’ il “fissaggio” di questa sostanza che va assolutamente bloccato, per non riavere il ricordo quando la memoria richiama analoghe situazioni, soprattutto di pericolo o di stati emotivi di tipo negativo.
In Inghilterra, all’Università di Oxford, per “sbiadire” i ricordi si utilizza un videogioco che riconosce e rimuove i mattoncini colorati collegati ad immagini traumatiche che sono state in precedenza mandate in onda su di uno schermo.
In farmacologia, negli anni Novanta del secolo scorso un farmaco betabloccante largamente utilizzato per combattere la ipertensione arteriosa ed il mal di testa, presentava tra gli effetti collaterali l’alterazione della memoria ed in particolare di quella associata alle esperienze terribilmente traumatiche . Nella pratica fu visto che chi aveva subito un traumatismo fisico e giungeva in ospedale per le cure del caso, se già assumeva il farmaco, i ricordi dell’incidente non venivano vissuti come un dramma, pur nell’estrema gravità raccontata dai soccorritori. Il propanololo, così si chiamava e si chiama, agisce bloccando l’adrenalina e di conseguenza bloccando l’inondazione del cervello da parte dei brutti ricordi.
Siamo partiti dalla dimenticanza che fa bene al cervello per arrivare al blocco del processo di rievocazione dei ricordi e sia il Professor Karim Nader negli Stati Uniti che il Professor Kindt dell’Università di Amsterdam stanno lavorando sui ratti traumatizzati, facendo in modo di abbinare un suono ad una scossa elettrica. I poveri malcapitati animali appena ascoltavano il rumore si bloccavano per la paura che la scossa elettrica arrivasse di lì a poco. Iniettando a questi ratti sostanze che impediscono la formazione di sintesi proteiche, si è ottenuto che le cavie rimanessero tranquillissime al “beep” che tanto le spaventava in precedenza, quale annunzio di una ”bella” scarica di elettricità.
Manca poco al momento in cui arriveremo con le nostre mani alla manipolazione del cervello, che allo stato sembra lontano, ma già si leggono lavori scientifici sull’elettroshock che modifica la struttura del ricordo. In medicina questo già lo si fa negli ammalati sofferenti di psicosi per vincere la depressione grave. Kroes, in Olanda, con il gruppo di Kindt ha eseguito il trattamento “elettrico” a volontari sani che avevano visto da poco tempo immagini drammatiche.
L’ultimissima frontiera riguarda uno studio che si basa sulla luce combinata all’ingegneria genetica per scacciare dal cervello dei topi geneticamente modificati le cattiverie di falsi ricordi “impiantati” negli animali di laboratorio.
Già la scienza moderna ci porta su strade una volta impercorribili, oggi poi ci sembra di vivere in piena fantascienza con tutte queste sperimentazioni al limite della comprensione. Certo non passerà molto tempo, anche se la sperimentazione sull’uomo è appena iniziata, per avere a disposizione in farmacia la pillola dell’oblio, ben lontana dall’ essere ansiolitica o antidepressiva. Questo potrà accadere quando conosceremo tutta la batteria degli elementi chimici che entrano in gioco con la formazione della memoria.

Gianpaolo Palumbo
gianpaolopalumbo.ilponte@gmail.com

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: